ELEZIONI REGIONALI: CATANZARO L’ANTI PANEPINTO, ALFANIANI CON IL PD
In politica tutto è possibile, specie quando vitale diventa la salvaguardia delle poltrone del potere, dei seggi parlamentari. A 39 giorni dalle elezioni per l’elezione del Presidente della Regione e per il rinnovo del Parlamento siciliano, la quadra delle liste dei partiti deve essere ancora chiusa. Più che ai programmi, i partiti sono alla ricerca di nomi altisonanti, privilegiando persone che provengono dal mondo dell’antimafia, familiari di personaggi rimasti uccisi per essersi ribellati al sistema mafioso. Partiti che, come il centrosinistra, è costretto ad attingere nomi per la candidatura alla Presidenza della Regione fuori dal proprio perimetro partitico. L’esempio del Rettore dell’Università di Palermo è emblematico.
E mentre in ambito regionale si assiste a cambi di casacca o ritorni del figliol prodigo, il prossimo Parlamento avrà serie difficoltà a trovare un assetto che garantisca stabilità di maggioranza. La nuova legge elettorale ha diverse falle, la maggiore della quale è la possibilità concreta che il vincitore avrà una maggioranza talmente risicata che è prevedibile che finisca nel pantano dell’era crocettiana.
Ma i partiti devono fare i conti con la forte astensione dell’elettorato che manifesta sempre più sfiducia nei partiti. Nessuno ricorda un dato preoccupante, e i sondaggi che girano in questi ultimi giorni danno percentuali ai partiti tendendo conto di un affluenza del 55%. Ma i dati delle ultime elezioni regionali, svoltisi il 28 ottobre del 2012 sono scoraggianti: alle urne si recò il 47,11% degli aventi diritto. Si recarono a votare 2.203.165 elettori su un totale di 4.647.159
La provincia di Agrigento fu quella con il più forte astensionismo, il 41,34%. Andarono a votare 198.512 elettori su 480.190
E, sinceramente, non riteniamo possano esserci elementi, dopo cinque anni, che abbiano invertito il fenomeno dell’astensionismo. Ancora una volta, la legge elettorale si basa sulla capacità delle coalizioni. E mentre il centrodestra appare compatto e più organizzato, nel centrosinistra si assiste al solito spettacolo di litigio. Il centrosinistra si presenterà spaccato, con la corsa a parte della sinistra che appoggia Fava. I grillini viaggiano da soli, ma la lezione di Sciacca è emblematica: senza la spinta delle coalizioni è una corsa assai difficile.
A Sciacca la situazione è ancora incerta, tranne per la ricandidatura del grillino Matteo Mangiacavallo. Il deputato saccense deve fare, però, i conti con una lista che contiene nomi più competitivi rispetto alla scorsa elezione. E poi, segnale strano, Mangiacavallo non è stato inserito nel listino del Presidente che è una sorta di salvagente. I grillini a Sciacca sono spaccati, motivo per il quale è immaginabile che Mangiacavallo non trovi l’impegno corale dei pentastellati saccensi.
In casa Forza Italia è probabile una candidatura di “servizio” da parte dell’ex consigliere comunale Vittorio Di Natale.
Paradossale, invece, la situazione di Alternativa Popolare. Il ministro Angelino Alfano, patron del partito, sa che andare sotto i 100.000 voti a livello regionale sarebbe una Caporetto. Nel frattempo, nei giorni scorsi, Alfano ha perso personaggi importanti del suo partito, in diverse province. Hanno lasciato la linea filo Pd per ritornare nel proprio elettorale di centrodestra. Compreso il rischio, Angelino Alfano sta pressando sui deputati per la candidatura. A Sciacca sono forti le pressioni sul senatore Giuseppe Marinello, da 20 anni a Roma tra Camera dei Deputati e Senato. Marinello vorrebbe evitare la competizione elettorale, ma se Alfano impone non può dire di no. E sarebbe un paradosso poiché gli alfaniani di Sciacca dovrebbero votare il candidato del Pd e del centrosinistra, Micari. Lo dovrebbero votare dopo che a Sciacca il duello tra Alternativa Popolare e Pd è stato costante e duro. Anzi, dovrebbero votare Micari, dopo aver subito l’onta dello slogan #maipiùcinqueannicosì riferita all’Amministrazione Di Paola del centrodestra.
In casa Pd si cerca l’anti Panepinto, cioè la candidatura in grado di contrastare il potere inossidabile del più volte deputato Giovanni Panepinto, re della montagna e con forti radici nel versante est della provincia.
L’anti Panepinto dovrebbe essere l’attuale segretario cittadino del Pd, Michele Catanzaro. Il giovane segretario non ha certo elevato, in questi due anni, il ruolo del segretario cittadino, preferendo un silenzio costante sui temi che maggiormente attanagliano Sciacca. La parte del Pd che intende contrapporsi a Panepinto conta sulla capacità organizzativa di Catanzaro. Ma guardare al risultato di cinque anni fa, certamente, fuorvia. Nel 2012 Catanzaro si candidò nella lista di Cantiere Popolare giungendo al secondo posto con 5.088 voti. 220 voti in meno rispetto al deputato Salvatore Cascio che venne eletto. Ma cinque anni sono un’era. Ambedue non sono più in Cantiere Popolare, anche se ambedue appoggeranno lo stesso candidato alla Presidenza della Regione, Micari. Sicuramente, nessuno dei due può immaginare di avere nel cassetto ancora quella messe di voti.
Il centrosinistra a Sciacca, ovviamente, non si presenterà unito. C’è la sinistra che segue la strada di Fava. Partito che potrebbe richiedere l’impegno dell’attuale assessore Paolo Mandracchia. Ma c’è anche Mizzica che di Pd non ne vuole sapere e guarda a Fava. E non è escluso che la spinta significativa del Movimento Mizzica possa dare un contributo offrendo la candidatura di Fabio Termine, il giovane che ha ottenuto 800 voti ed è risultato il più votato nelle scorse elezioni amministrative.
Non è escluso, comunque, che dopo le elezioni la coalizione che ha portato alla vittoria il sindaco Francesca Valenti non possa subire rivisitazioni. Una maggioranza che già accusa sintomi di malessere e che ha in programma una riunione per una verifica politica.
Sciacca è l’epicentro di una zona elettorale nettamente inferiore rispetto a quella di Agrigento che racchiude Comuni significativi come Favara, Porto Empedocle, Canicattì, Licata, Palma di Montechiaro. Tutto, a Sciacca, diventa più complesso. Specie per una città che da anni non fa più quadrato su un candidato riversando consenso significativo. Insomma, nessun candidato può immaginare di partire da Sciacca, verso altri Comuni, con un bagagliaio di voti importante.
A Sciacca, nel 2012 ha votato il 50.% degli elettori, 17988 su 35.656; dal serbatoio già ridotto e che sarà ancora più ridotto devono attingere i deputati uscenti, come Ttò Cascio, Michele Cimino, Enzo Fontana, Margherita La Rocca Ruvolo, Giovanni Panepinto. Per i saccensi Mangiacavallo e l’eventuale scesa in campo di Giuseppe Marinello, la sfida non è così semplice.
L’attesa è quella che riguarda il sindaco Francesca Valenti. Lei intende rimanere in una situazione di neutralità. Ma in politica esistono le cambiali. Questione di tempo, ma si devono pagare.
Filippo Cardinale