IL MEDIATORE
Una “verità” tenta di farsi strada per giustificare una partenza del new deal che sta seguendo un solco tutt’altro che agevole, di cambiamento, di novità. Se non fosse per l’enfasi dello slogan portato avanti dal centrosinistra nel corso della campagna elettorale, la fibrillazione del quadro politico attuale, contrassegnato dalla investitura del sindaco Francesca Valenti, sarebbe apparso come naturale scorrimento delle acque di un fiume.
Ma proprio perché il consenso è stato attratto all’insegna di un cambiamento, di una rottura col recente passato (ma il passato non può fermarsi al “recente” e deve interessare anche a quello più remoto), le vicende politiche di questi giorni occupano necessariamente la ribalta.
La politica torna prepotentemente con i temi tipici delle coalizioni; devono incontrarsi le diverse anime, le diverse esigenze, le diverse mire, attese e prospettive in funzioni delle prossime elezioni regionali.
Dopo l’esperienza della giunta Vito Bono, di matrice centrosinistra, al recente ballottaggio il 54,03% (9.611) degli elettori, rispetto al 52,21% degli aventi diritto al voto che si sono recati alle urne, ha votato Valenti si attende quel “cambiamento” tanto reclamizzato.
Alla fine quel 54,03% rappresenta, sostanzialmente, il 26,7% dell’elettorato. Una percentuale che divere “frenare” quando si parla “di città”. Ma questi sono solamente dati statistici, anche se devono far riflettere.
Il nocciolo della questione, che sino ad oggi ha distinto il percorso della ritrovata vittoria del centrosinistra, sta nelle solite guerre interne che caratterizzano il PD. Partito che sotto la guida di un enfant prodige, che ha seminato la speranza di un rinnovamento reale del partito locale, pare sia soggetto ad un’inversione, ad una spinta dalle pressioni della parte più conservatrice che attraverso la vittoria delle elezioni ha ripreso vigore uscendo dalle retrovie.
Senza, però, considerare che nella realtà la spinta del Pd si è fermata al 7%. Un risultato, certamente, non eclatante.
La coalizione risente del clima di incertezza che proviene essenzialmente dal Pd.
Il sindaco Francesca Valenti, alle prese con la realtà della politica pratica che travalica le enunciazioni da libro Cuore, sta osservando lo svolgimento della vicenda. Dimenticando, però, che nella drammatica vicenda il cui attore principale fu Schettino, ci fu un ufficiale che dimostrò di prendere subito le redini in mano, con incitazioni che resteranno nella storia e che qui non ripetiamo poiché sono nella memoria di ognuno di noi.
Durante la campagna elettorale, c’è stata la netta percezione di una direttiva che “consigliasse” alla coalizione una limitata esposizione della sua classe dirigente. Una “limitazione” che ha relegato ai margini l’apporto delle classi dirigenti ad una missione esclusiva di ricerca del consenso. Una messa ai margini che al primo turno, in modo particolare, ha privato la campagna elettorale di una più vasta platea di dirigenti per incontri con l’elettorato.
Ma, tutto sommato, è stato come riporre sotto il tappeto la polvere. Adesso che il tappeto è stato rialzato, emerge ciò che è sempre esistito: la litigiosità all’interno del Pd.
Sulle dichiarazioni del segretario cittadino in merito all’offerta della presidenza del Consiglio comunale alla minoranza, abbiamo espresso già il nostro pensiero.
Ma ci pare interessante, dal punto di vista politico, evidenziare la posizione di Sciacca Democratica. Il movimento politico che sembrava, poco tempo fa, dissolversi, oggi, invece, è diventato il primo partito della coalizione, grazie ad una guida lungimirante di Nuccio Cusumano e dell’apporto del gruppo consiliare guidato da Filippo Bellanca.
Tanto è vero che Sciacca Democratica conta 4 consiglieri comunali ed è il gruppo più nutrito degli alleati. Ma al di là dell’elemento numerico, Francesca Valenti può fare affidamento su tale alleato. Un lavoro, quello d Sciacca Democratica che parte da lontano mirando ad un progetto civico. Cusumano fu il primo, nell’ottobre dello scorso anno, a tracciare il solco da seguire. Solco che culminò con la scelta della candidata Valenti.
Cusumano continua a tessere la tela con sobrietà e come ha detto l’altra sera in collegamento con una emittente televisiva locale “a fari spenti “. E se è vero che fino ad oggi Sciacca Democratica, pur essendo il primo partito ha avuto quanto gli altri alleati, Cusumano deve mediare le fibrillazioni del Pd, considerato anche che il percorso politico di Sciacca Democratica non prescinde dall’alleanza con il Pd.
Un lavoro di ricucitura e mediazione del quale il sindaco non può non tenerne conto. Magari dimostrando con più determinazione allo stesso Pd che fare i capricci non solo non giova a nessuno, ma lede l’immagine del “cambiamento” che ha voluto trasmettere in campagna elettorale.
Valenti non può non considerare il ruolo di Sciacca Democratica quale “sentinella” delle buone e responsabili relazioni della coalizione e che ha sofferto la limitata esposizione della sua classe dirigente.
Sembra un paradosso, ma il cambiamento deve passare attraverso la capacità di mediazione di chi ha un curriculum fitto di esperienza, di importanti incarichi di governo nazionale. Sciacca Democratica diventa in un contesto di equilibrio precario, il pilastro su cui la Valenti può edificare le sue enunciazioni.