MAFIA, I MENFITANI RISPONDONO, IL SACCENSE NO
Un giorno intero per gli interrogatori di convalida del fermo per gli 8 indagati. Fa scena muta solo il saccense Domenico Friscia
Un sabato trascorso all’interno del carcere Pagliarelli di Palermo, dove si trovano gli 8 indagati arrestati per mafia, per i difensori, il pubblico ministero della Dda di Palermo, Alessia Sinatra, e per il Gip del Tribunale di Sciacca, Roberta Nodari.
Il sostituto procuratore della Procura antimafia, Alessia Sinatra, ha richiesto la custodia cautelare in carcere. In sette, tranne il saccense Domenco Friscia, hanno risposto alle domande della pubblica accusa e del Gip.
Hanno risposto negando di aver partecipato a riunioni o summit di mafia i fratelli Cosimo e Giuseppe Alesi e Matteo Mistretta, difesi dagli avvocati Gino e Santo La Placa e Antonino Alagna. Hanno detto di avere partecipato solo a qualche incontro con persone conoscenti e solo per fini leciti. Per gli inquirenti, i tre sono ritenuti vicini al boss Bucceri rendendosi disponibili in alcuni casi a fare da autisti in occasione di vari incontri. Cosimo Alesi è impiegato presso il provveditorato opere pubbliche a Palermo ed è distaccato per due giorni alla settimana nel Comune di Menfi. Il fratello Giuseppe di professione fa l’autotrasportatore.
L’avvocato La Placa si è opposto alla convalida del fermo perchè ritiene via sia l’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo e per l’insussistenza del pericolo di fuga. In merito alla richiesta di applicazione della misura cautelare in carcere, i legali dei due Alesi e di Mistretta si sono opposti per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza.
Per i tre è stato chiesto il rigetto della richiesta avanzata dalla Procura e, nella ipotesi di sussitenza dell’esigenza cautelare, l’adozione di una misura alternativa lieve in quanto i loro assistituti sono incensurati e non vi sono, nell’indagine, fatti criminosi specifici che obbligano alla detenzione in carcere.
Il cugino di Vito Bucceri, Vito Riggio, invalido e pensionato, difeso dall’avvocato Lillo Lanzarone, ha cercato di chiarire i due episodi che gli sono stati contestati: la partecipazione a incontri tenutisi in un casolare con la partecipazione, oltre che di Bucceri, di Pietro Campo, ritenuto capomafia di Santa Margherita Belice, durante i quali avrebbe accompagnato il cugino e poi tenuto il telefono cellulare spento.
Hanno rigettato le accuse anche Vito Bucceri, difeso dall’avvocato Tommaso Farina, e il medico Pellegrino Scirica, assistito dall’avvocato Lia Scirica, ritenuti i principali riferimenti dell’operazione antimafia. Bucceri, già coinvolto nel processo per mafia “Scacco Matto”, è da tempo al centro dell’attenzione delle investigazioni dei carabinieri. E’ ritenuto il capo della locale famiglia mafiosa, e secondo l’accusa sarebbe statolui ad organizzare gli incontri con Campo e in particolare con Leo Sutera a Menfi.
Anche il medico Pellegrino Scirica sarebbe stato al servizio di Bucceri, non nella veste di autista come nel caso dei due Alesi e di Riggio, ma di stretto collaboratore a sua volta molto vicino al sambucese Sutera.
Entro la giornata di domenica, il Gip dovrà decidere sulla convalida del fermo e sulla richiesta della Procura di custodia in carcere.
(Nella foto, il magistrato della Dda di Palermo, Alessia Sinatra)