MAFIA, OPERAZIONE “OPUNTIA”: GLI INDAGATI SI TROVANO AL PAGLIARELLI
Le indagini continuano, ci sarebbero coinvolte un’altra ventina di persone, anche donne. Si prevedono ulteriori sviluppi
Le otto persone sottoposte ieri notte a fermo di polizia da parte dei Carabinieri si trovano all’interno del carcere Pagliarelli di Palermo, in attesa dell’udienza di convalida da parte del Gip del Tribunale di Sciacca. Per tutti pende l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso.
L’operazione antimafia coordinata dalla Dda di Palermo, prende il nome di “Opuntia”, nome scientifico del fico d’india, utilizzata come metafora della pianta che riesce a rigenerarsi malgrado le difficoltà.
Gli investigatori hanno acceso i riflettori sul presunto capomafia di Menfi Vito Bucceri, sul medico di base Pellegrino Scirica, su Tommaso Gulotta, Matteo Mistretta, Vito Riggio, Giuseppe e Cosimo Alesi e sul saccense Domenico Friscia.
Secondo gli investigatori, avrebbero tentato di ricostituire la cosca mafiosa della zona compresa tra Sciacca e Menfi che precedenti operazioni nel passato, come Scacco Matto, avevano disarticolato. Un tentativo di ricostruzione in stretto contatto con i boss Leo Sutera di Sambuca di Sicilia e Pietro Campo di Santa Margherita di Belice.
Gli incontri al vertice del mandamento belicino si sarebbero svolti oltre che nello studio medico di Scirica anche all’interno di autovetture, appartamenti di proprietà di alcuni degli indagati e casolari di campagna.
I provvedimenti eseguiti ieri dai Carabinieri su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo sono scattati sulla base di necessità ed urgenza, così come stabilisce il codice di procedura penale per i fermi di polizia. Temevano, in particolare, inquirenti ed investigatori, che gli indagati potessero prima o poi accorgersi di essere finiti sotto controllo e così darsi alla fuga, oltre che inquinare le prove o reiterare il reato.
In alcune intercettazioni si evincono le attenzioni quasi maniacali assunte dagli indagati nei confronti del rischio di essere scoperti, non sembrano avere funzionato del tutto. Indagati che immaginavano di poter essere sotto controllo da parte degli investigatori, e che per questa ragione modificavano sempre le modalità organizzative dei loro contatti.
A rivelarlo sono però le intercettazioni che i carabinieri di Sciacca sono comunque riusciti ad effettuare. Intercettazioni il cui contenuto è tra le 300 pagine del provvedimento di fermo di indiziato di delitto autorizzato dalla DDA di Palermo.
L’operazione di ieri, ha detto il comandante provinciale Mario Mettifogo, potrebbe avere ulteriori sviluppi. Ci sarebbero almeno altri venti indagati, tra di loro anche donne.
Bucceri era già stato coinvolto nell’operazione Scacco matto, mentre il saccense Domenico Friscia ha scontato una condanna per essere finito ai primi anni duemila nell’ambito dell’operazione antimafia Itaca. Adesso è accusato di essere stato uomo di fiducia di Bucceri, e di aver chiesto ad un soggetto già individuato armi da mettere a disposizione dell’organizzazione. Secondo gli inquirenti il gruppo fermato ieri avrebbe tentato di condizionare l’economia del territorio attraverso la creazione di attività illecite o di interventi di cosiddetta “messa a posto” degli appalti.
Vito Bucceri è difeso dall’avvocato Tommaso Farina, i fratelli Giuseppe e Cosimo Alesi e Marco Mistretta sono difesi dall’avvocato Luigi La Placa, Domenico Friscia è assistito dall’avvocato Francesco Graffeo. Tommaso Gulotta è difeso da dall’avvocato Leonardo Gagliano,mentre Vito Riggio è difeso dall’avvocato Calogero Lanzarone. Il medico Pellegrino Scirica è assistito dall’avvocato Rosaria Scirica.