ESSERE AMMAZZATO PER DIFENDERE I DEBOLI. OGGI IL 69° ANNIVERSARIO DELL’UCCISIONE DI ACCURSIO MIRAGLIA PER MANO MAFIOSA

“Meglio morire in piedi, che vivere in ginocchio”. La vita di Accursio Miraglia era rivolta alla difesa dei deboli, all’esaltazione dei valori importanti della vita, alla fratellanza, alla lotta contro i latifondi per dare la terra ai contadini

Sessantanove anni fa, esattamente il 4 gennaio del 1947, la mafia uccideva il sindacalista della Camera del Lavoro, il saccense Accursio Miraglia. Era anche un dinamico e instrancabile dirigente comunista. Il delitto, come del resto tutti gli omicidi di dirigenti e militanti del movimento contadino, è rimasto impunito. In verità, grazie alla tenacia della famiglia, ed in modo particolare del figlio Nico, tracce indelebili sono state evidenziate e documentate. Esiste, ormai, un archivio prezioso che indica le dinamiche che spinsero ad ordinare l’uccisione di Accursio Miraglia.

La storia di Accursio Miraglia, combattente a difesa dei più deboli, dei contadini, guerriero contro le ingiustizie, può essere sintetizata nella sua frase che appare una stella polare: “Meglio morire in piedi, che vivere in ginocchio”. Un motto che sembra ormai datato rispetto ad una società pigra, insensibile ai valori importanti della vita, refrettaria rispetto alle emergenze di una classe sociale attanagliata dalle devianze di un concetto estremo del capitalismo che ha portato pochi uomini sulla terra a possedere una percentuale spoprositata di ricchezza.

La memoria di Accursio Miraglia va rinverdita, non solo in occasione della ricorrenza derl 4 gennaio, ma sempre. Va rinverdita nelle nuove generazioni sempre più distratte dagli effetti della tecnologia, invasiva e che disgrega, isola, anziché unire, aggregare.

Oggi, una realtà di Accursio Miraglia rimane la cooperativa “La Madre Terra”. Nacque esattamente il 5 novembre 1944, una grande realtà. Una realtà per reclamare l’attuazione delle leggi Gullo-Segni che destinavano alle cooperative i terreni incolti appartenenti ai latifondi. Memorabile rimase agli occhi della gente la cavalcata che riuscì ad organizzare per le vie del paese di Sciacca. Più di diecimila persone da quasi tutta la provincia, chi a piedi, chi a cavallo, chi sui muli, chi in bicicletta.

Non approfittò mai della sua posizione, l’ultimo incarico fu quello di presidente dell’ospedale di Sciacca e anche lì seppe agire in maniera indimenticabile lasciando il segno, come del resto era sua consuetudine fare. I medici, le suore e gli infermieri, la sera del suo assassinio per mano della mafia il 4 gennaio 1947, ricambiarono l’affetto permettendo alle sue spoglie di rimanere intatte per quattro giorni in una bara aperta. Le veglie funebri furono due, una organizzata presso l’ospedale, l’altra presso la sede della Camera del lavoro. Tutta l’Italia diede l’estremo saluto ad un uomo che lottava con le parole, ad un uomo che con i suoi discorsi semplici riusciva a gratificare la gente a dare speranza e insegnare che la fratellanza e l’organizzazione erano fondamentali in quel periodo così difficile, diceva sempre: “Noi, organizzati, siamo un gruppo di fratelli. Se succede qualcosa, si ragiona”

Alla base del monumento dedicatogli dal popolo di Sciacca vi è una scritta di Miraglia che richiama questo valore della fratellanza che tanti nella società odierna non considerano affatto in quanto non rappresenta più un ideale raggiungibile in una società dominata dall’individualismo. La frase, riportata in un lavoro del nipote di Miraglia, dice: «Io non impreco e non chiedo alcuna punizione. Io che ho tanto amato la vita, chiedo ad essa di vedere pentiti coloro che ci hanno fatto del male».

Ecco anche il suo ultimo importante monito che diede all’ultimo comizio che tenne a Sciacca:
” La forza dell’uomo civile è la legge, la forza del bruto e del mafioso è la violenza fisica e morale. Noi, malgrado quello che si sente dire di alcuni magistrati, abbiamo ancora fiducia nella sola legge degli uomini civili, che alla fine trionfa nello spirito dell’uomo che è capace di sentirne il “Bene”. Temiamo, invece la violenza perché offende la nostra maniera di vedere e concepire le cose. Lungi dalla perfezione e dall’infallibilità, siamo però in buona fede, e non cerchiamo altro che la possibilità di ripresa della nostra gente e in altre parole di dare il nostro piccolo contributo all’emancipazione e alla dignità dell’uomo. È solo questo il filo conduttore che ci ispira e ci porta nel rischio. Non è colpa nostra se qualcuno non lo arriva a capire: non arrivi a capire, cioè, che ci sia, ogni tanto, qualcuno disposto anche a morire per gli altri, per la verità per la giustizia. Attento però a questo qualcuno che da sprovveduto e morto non diventi un simbolo molto ma molto più grande e pericoloso. “

In occasione del 69° anniversario dell’uccisione di Accursio Miraglia,oggi alle ore 11:00 si terrà un incontro commemorativo presso il Cimitero di Sciacca, alle ore 12:00 sarà fatta visita al monumento del Segretario della Camera del Lavoro in Piazzetta Lazzarini e alle ore 18:00 sarà celebrata la messa in suffragio di tutte le vittime di mafia presso la Chiesa della Perriera.

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