LEADERSHIP E FIRST LADY
Di Filippo Cardinale
Guai se un giornalista non facesse arrabbiare qualcuno. Sarebbe la prova evidente che i suoi articoli sono senza sale, incolori e inodori. Il giornalista deve scrivere con l’effetto che fa un montante sferrato dal pugile. A Ribera qualcuno è abituato a ricevere confetti. A volte esageratamente edulcorati. E si sa, il troppo zucchero fa male. Nella vita vi sono periodi di successi, altri di sconfitte. Fa parte della vita, specie quando questa entra nel perimetro pubblico, lasciando quello privato.
Il giornalista svolge il suo compito, con dignità e lontano da “nostalgie” vede la realtà e la riporta. Se è capace, fa anche analisi politiche. In verità non sono in molti a farle. Anche nel campo del giornalismo c’è chi cerca la vita comoda, ci scrive senza sale per non generare “fastidio”, specie quando si vive nelle piccole realtà.
A Ribera, qualcuno è rimasto culturalmente datato. Datato in un modo di fare che ricorda il reato di lesa maestà. A Ribera qualcuno delega la difesa d’ufficio a interposta persona. A Ribera, qualcuno dimentica che non siamo negli Stati Uniti d’America, dove la first lady riveste un ruolo pubblico.
A Ribera, invece, succede anche che si recita il ruolo proprio della first lady senza averne titolo, scagliando improperi telefonici, oppure esercitando un controllo “repressivo” su Facebook alla ricerca di “colpevoli” che hanno solo il torto di esprimere liberamente la propria idea.
A Ribera, qualcuno santifica solo chi edulcora “lui”, il magnifico, il buono, l’impeccabile. E cosa assai più grave è che, a Ribera, la difesa d’ufficio passa anche attraverso il rinfacciare episodi sensibili che riguardano delicatissime patologie. Anche nell’antico cortile c’era limite, quel limite che la difesa d’ufficio oggi non ha avuto ritegno di rispettare.