ROMA IMPUGNA LA LEGGE SULL’ACQUA. TROPPE PENALIZZAZIONI PER IL PRIVATO CHE VUOLE INVESTIRE

Salta anche il “salvataggio” dei Comuni che non avevano consegnate le reti idriche al gestore

Una dopo l’altra le leggi del parlamento più antico d’Europa, quello siciliano, vengono cassate, impugnate. Tutte disattendono le indicazioni e le normative di livello superiore, quelle europee, quelle nazionali. Il testo della recente legge, scritto sulla scia dei grillini, dall’ala del Partito Democratico guidata da Giovanni Panepinto (deputato e sindaco di Bivona) e di alcuni pezzi dell’Ncd Il Consiglio dei Ministri impugnerà la codiddetta legge sulla “ripubblicizzazione” dell’acqua. In buona sostanza perchè essa “privilegia in modo evidente le società pubbliche e i Comuni”. Per Roma, i privati verrebbero scoraggiati ad investire in Sicilia.

Il tallone di Achille della recente legge partorita dall’Ars è un aggettivo, “prevalente”, contenutonell’articolo 4 della legge. “La disciplina dell’affidamento della gestione del servizio idrico è di prevalente interesse pubblico e non riveste carattere lucrativo”. Secondo i rilievi sollevati da Roma, la legge che sarà impugnata nei prossimi giorni di ottobre, penalizza eccessivamente i privati, i quali subiscono troppe penalizzazioni. E anche se la legge regionale è in linea con quella nazionale quando prevede che a decidere a chi affidare il servizio idrico siano le societàpubbliche, le aziende consortili, i consorzi tra Comuni e le società a totale partecipazione pubblica, sono i commi successivi, quelli appunti sulle penalizzazioni, a creare un discrimine che è oggetto di impugnativa. Ad esempio, viene previsto che i privati gestiscano il servizio perun massimo di 9 anni (la Girgenti Acque ha un contratto trentennale).

Inoltre, nella legge è previsto che le condizioni offerte sono meno vantaggiose di quelle delle società pubbliche, si devono prefereire queste ultime. Ma sono anche le sanzioni ad agevolare l’impugnativa. Il contratto di affidamento può essere risolto se c’è un’interruzione del servizio per più di 4 giorni ad almeno il 2% della popolazione del territorio gestito. Una sanzione da 100 mila a 300 mila per ogni giorno di stop. Secondo i rilievi romani, la Sicilia, in buona sostanza, sarebbe dovuta intervenire solo sull’organizzazione del servizio e non sulla gestione dell’acqua che, per legge, deve essere affidata alla libera scelta dei Comuni.

C’è un’altra questione, quella della “polverizzazione” del servizio. Se la legge regionale prevede 9 ambiti territoriali è pure vero che essa precede anche sub ambiti gestionali. Dunque, il rischio di moltiplicare la corsa alle “poltrone”. Altra osservazione che fa Roma riguarda i Comuni che in questi anni non hanno consegnato le reti idriche al gestore. La legge approvata di recente prevede che essi potranno continuare a gestirle direttamente. Anche qui calerà la mannaia di Roma.

La politica regionale, dunque, o parte di essa, continua ad accumulare sconfitte sul piano normativo. La cosa che lascia l’amaro in bocca è che l’impugnativa ogni volta è prevedibile. Dell’impugnativa si ha coscienza, ma si va avanti. Come dire: “noi abbiamo messo il nostro impegno, sono gli altri che hanno bocciato”.

Un modo elegante per prendere in giro il cittadino. E adesso? Con l’impugnativa finisce la corsa dei 27 sindaci del nostro territorio per adeguarsi alle possibilità che offriva la legge, cioè quella di rescindere il contrratto con Girgenti Acque. Cosa, in verità, non approfondita dalla legge regionale per quanto riguarda le penalità. Ci sono stati sindaci che hanno organizzato feste e manifestazioni di successo, che sono stati definiti “eroi”. Si ha la sensazione che la politica abbia bisogno sempre e costantemente di palcoscenico, di spazio per reclamizzare le iniziative che, poi, terminano nel nulla.

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