“CHIUDIAMO L’OSPEDALE DI SCIACCA E SPOSTIAMOLO”, LA PROVOCAZIONE DELLA CGIL

“Il territorio ha perso tutte le eccellenze che ci venivano riconosciute dai cittadini del territorio”

Il segretario cittadino della Cgil sacense, Franco Zammuto, lancia una provocazione: “A rigor di logica l’ospedale centrale del territorio dovrebbe essere l’ospedale di Sciacca, ma se ragioni politiche e campanilistiche sono più forti in altri comuni del territorio rinunciamo alla logica e chiediamo a chi ci amministra di creare altrove un ospedale funzionale e operativo purché corrisponda alle esigenze e necessità del territorio. Venti chilometri sono una distanza coerente con le necessità di un territorio”.

La provocazione di Zammuto parte dalla riforma sanitaria che ha smantellato ciò che si era conquistato attraverso importanti battaglie e cioè l’Azienda Ospedaliera. Poi il buio.

Per Zammuto, “il nostro territorio, con passo spedito, ha perso tutte le eccellenze che ci venivano riconosciute dai cittadini del territorio e anche molto oltre”. Nonostante in questi anni la tensione sulla sorte dell’ospedale saccense sia stata sempre alta “grazie alla consapevolezza e le proteste dei cittadini, delle associazioni e delle categorie sociali”, Zammuto rimarca come si sia “prodotto soltanto “passerelle” di questo e quel commissario o dirigente che, mettendo le mani avanti e trincerandosi dietro la mancanza di risorse a seguito dei tagli dei vari governi, giustificavano i tanti provvedimenti assunti, che comunque nel tempo avrebbero provveduto a ripristinare i servizi e reparti ridimensionati”.

La Cgil saccense contesta la gestione di commissari e dirigenti che “non hanno saputo tutelare la sanità per i cittadini in quanto hanno ottenuto i risparmi non rinnovando i contratti ai tanti precari, medici, paramedici e ausiliari e non secondo lo spirito e principi suggeriti dal taglio delle risorse”. Una situazione che, secondo Zammuto, “non ha posto rimedio al grave errore di non avere dato corso negli anni precedenti ai concorsi che si sarebbero dovuti fare, mettendo così in grave rischio l’operato di quanti prestavano la loro opera privi di risorse umane essenziali per garantire i servizi e determinando il fuggi fuggi di tanti medici che hanno accettato contratti più lunghi di altre province”.

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