LEGGE SULL’ACQUA, L’ARS SCARICA SUI SINDACI IL PESO DELLA SOLUZIONE E DELLA SFIDA
Il principio dell’acqua “bene comune” e quindi di tutti, risulta attenuato. Chi ce l’ha se la tiene, chi non ce l’ha la paga a tariffa piena
Editoriale di Calogero Pumilia
“La disciplina in materia di risorse idriche” approvata dall’Assemblea regionale è una legge manifesto che tenta malamente di tradurre in norme giuridiche il dibattito ideologico, la spinta populista e le richieste sacrosante di tutela di un essenziale bene comune qual è l’acqua. Va detto innanzitutto che la legge ha dovuto pagare dazio al quadro legislativo nazionale e comunitario, prevedendo, insieme alla gestione pubblica, anche quella privata, sia pure con limiti e condizioni che di fatto la escludono. Di conseguenza il servizio idrico nelle province dove ancora non è regolamentato sarà affidato a strutture pubbliche o ai comuni in forma singola o consorziata.
E in quelle dove c’è già un gestore privato, come ad Agrigento, che succederà? Da noi, come è noto, la situazione è particolarmente ingarbugliata. Alcuni comuni, quelli che l’acqua l’hanno nel loto territorio, sono riusciti a sottrarsi all’obbligo di consegnare le reti, a gestirsi le” loro” acque con tariffe vantaggiose per i loro cittadini e a passare per illuminati amministratori e integerrimi difensori dell’acqua pubblica con il patronaggio di alcuni parlamentari ed ottenendo una legge di sanatoria.
Gli amministratori dei comuni che non avevano né l’acqua né le strutture acquedottistiche proprie ed erano gestiti dall’EAS in liquidazione, hanno dovuto, come era normale, rispettare la legge, giusta o sbagliata che fosse, consegnare le reti e, per questo, sono stati additati come retrogradi a tutela della “dell’acqua privata”. La legge conferma questa situazione, sicchè da noi il principio dell’acqua “bene comune” e quindi di tutti, risulta attenuato. Chi ce l’ha se la tiene, chi non ce l’ha la paga a tariffa piena.
L’acqua di Burgio è dei burgitani, quella di Bivona è dei bivonesi, alla faccia del bene comune e del principio di solidarietà che ispira l’intera legislazione del settore quando prevede che tutti i cittadini hanno diritto alla stessa quantità di acqua allo stesso prezzo.
Cosa ci sia di solidale, di equo o di sinistra nel fatto che il cittadino con reddito elevato di Santo Stefano di Quisquina paghi l’acqua molto meno di uno povero di Caltabellotta non sono ancora riuscito a capirlo, Né mi risulta chiaro a quale criterio di efficienza o di semplice buon senso risponde il fatto che l’acqua che non si consuma a Menfi perché sovrabbonda rispetto alle esigenze locali non debba essere disponibile per Sciacca. La nuova legge per la verità prevede la possibilità di recedere dal contratto con il gestore privato. Giusto. Ma il legislatore è sicuro che questa procedura sia al riparo da rischiosi contenziosi? Se lo fosse stato avrebbe potuto intanto stabilire che la Regione receda dalla convenzione con Siciliacque, della quale peraltro è socia, per pubblicizzarla.
Invece l’Assemblea, in modo tartufesco, affida al presidente della Regione la valutazione della “esistenza dei presupposti per l’eventuale esercizio del diritto di recesso”. Ci si dovrà pensare. Mentre Crocetta farà le sue valutazioni nel chiuso delle stanze di Palazzo d’Orleans e magari capirà quanto sia difficile modificare unilateralmente i contratti, gli amministratori locali sono già sottoposti alla pressione dell’opinione pubblica e alla sfida quasi irridente di alcuni deputati che, nell’occasione, hanno cercato un po’ di visibilità buttandosi nell’agone del populismo e dell’improvvisazione.
Se il legislatore avesse scelto esclusivamente la gestione pubblica ed insieme avesse azzerato i contratti in essere, si sarebbe assunto in pieno la responsabilità della sfida con il codice civile, con l’Europa e con il governo nazionale e avrebbe reso più agevole il percorso per arrivare, anche ad Agrigento, a Caltanissetta e ad Enna, alla gestione pubblica dell’acqua.
Invece, in modo ambiguo e contraddittorio, ha scaricato sui sindaci tutto il peso della soluzione e della sfida.