LA PITTURA DI ENZO NUCCI, “MAL DI SICILIA NEI PENNELLI”
Commovente ricordo ieri sera al Samonà in occasione dell’inaugurazione della mostra degli ultimi 5 quadri dell’artista saccense, scomparso da poco
Momenti di forte emozione ieri sera al Teatro Popolare di Sciacca in occasione del ricordo di Enzo Nucci e dell’inaugurazione della mostra dedicata agli ultimi 5 quadri dell’artista, dipinti nel suo percorso finale della vita.
Momenti di emozioni voluti dal critico Marco Goldin, dalla famiglia di Enzo Nucci, dal critico Aldo Gerbino. Ha tracciato il profilo dell’artista anche l’onorevole Calogero Mannino, insieme al sindaco Fabrizio Di Paola e all’assessore Salvatore Monte. Toccante anche il breve ricordo di Nucci da parte di Ada Arcuri che ha dedicato una poesia. Ottima la conduzione della giornalista Rosy Abruzzo che ha saputo egregiamente moderare interventi di alto spessore.
Anche noi del Corriere di Sciacca desideriamo ricordare Enzo Nucci. Lo facciamo pubblicando un articolo del nostro direttore Filippo Cardinale apparso sulla Terza Pagina del quotidiano La Sicilia, alcuni anni or sono.
“…Portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbiamo dato il la. Questa violenza del paesaggio, questa crudeltà del clima, questa tensione continua di ogni aspetto, questi monumenti , anche del passato, magnifici ma incomprensibili perché non edificati da noi che ci stanno intorno come bellissimi fantasmi muti”. Con queste parole, il principe Fabrizio, nel romanzo di Tomasi di Lampedusa, comunicava con Chevalley.
Con la sua magica pennellata, il maestro Enzo Nucci dà, invece, voce al paesaggio siciliano e ai suoi monumenti estraendone l’anima per riportarla interamente sulle sue tele. “Nel suo mal di Sicilia sud occidentale- descrive Enzo Siciliano- Nucci pare cercare una difesa nella storia, stipata nel silenzio delle case, dei segni architettonici che le adornano. E la sua pittura, effetto di una furia negli occhi, nell’anima, vibra in questa dialettica: fra storia e natura”.
Enzo Nucci, affermato in campo nazionale e apprezzato anche all’estero, è nato a Sciacca nel 1941, città amata. Attaccato anche alla terra calabrese, terra di origine del padre. Il suo studio sovrasta il quartiere marinaro della città termale, è esso stesso un quadro in cui ammirare l’azzurro del cielo che diventa un tutt’uno con il mare. Quel mare Mediterraneo oltre il quale quasi si intravedono le sponde africane ricche di palme, quelle stesse palme che Nucci inserisce nella sua pittura, nel paesaggio duro, assolato, di sterminata campagna di deserto di grano, della sua Sicilia. Quella di un tempo, dal sapore gattopardiano, quella in cui forte è il contrasto tra la vita quotidiana di chi possiede tanto e di chi è costretto a stare dall’alba al tramonto in campagna per guadagnarsi il tozzo di pane, sotto il cocente e implacabile sole che brucia. Quella in cui vicino alla “casa padronale”, come ama definire l’artista saccense le magnifiche ville estive dell’aristocrazia e della borghesia di quel tempo, sontuosa, imponente, sempre esageratamente grande, circondata da magnifiche palme e da buganvillee, c’è la masseria, simbolo della vita quotidiana del mondo contadino che implora Dio affinché plachi quel duro sole che picchia senza pietà sulle spalle del contadino ricurve verso terra.
Per Enzo Nucci la sua Sicilia è un richiamo costante. La sua è una continua esplorazione alla ricerca di scorci di quella Sicilia, di ville gattopardiane, di case padronali adornate di palme, di buganvillee, di piante esotiche, chiuse da recinti di muri, giardini ammantati di mistero che ricordano “paradisi naturali arabi”, di campi di grano che si perdono all’orizzonte, di masserie. Sono lì le sue radici, i motivi che lo ancorano alla sua terra, i legami che non lo lasciano andare via.
Essenze colte da Paola Nifosi: “…Sono pochi gli artisti che hanno tagliato il cordone ombelicale. I più hanno tratta alimento da questa terra, l’hanno dipinta, ne hanno fatto una metafora. Vincenzo Nucci è tra questi, con una nota in più rispetto agli altri: l’esserci sempre vissuto, l’aver maturato tutta la sua esperienza all’interno di questa terra ricca di contraddizioni, blasonata per la sua civiltà, per la sua cultura, per la sua bellezza naturale, ma alo stesso tempo amara e malinconica. Nel guardare le sue opere- continua Nifosi- trovo queste contraddizioni, riscontro il suo amore, la sua passione per quanto lo circonda, ma nello stesso tempo la nostalgia di una bellezza che si consuma”. La luce della Sicilia, forte, abbagliante, affaticante , è protagonista nei quadri di Enzo Nucci: “Il lucore assolato del mezzogiorno- scrive Antonio Calabrò- che schiaccia le ombre. Il tramonto che suggerisce i colori del vino. E l’azzurro che va verso il blu delle tiepide sere d’estate, biscotti, sorbetti e dolci di latte e di riso, la malinconia e l’ironia nelle conversazioni sui terrazzi delle antiche ville, nei cortili delle masserie di campagna. E poi il silenzio. Anche il silenzio, alla fine del giorno, ha una sua luce. Nucci la sa raccontare”. Filippo Cardinale