TERME, FALLIMENTO E RESPONSABILITA’. IN NOVE ANNI EROSO IL CAPITALE SOCIALE DI QUATTRO QUINTI

La Regione, insieme ad altri, ha colpevolmente sottratto a Sciacca una parte importante del proprio passato, del proprio presente e del proprio futuro, e su cui non si può più tacere

Dietro il fallimento delle Terme ci sono molte responsabilità, anche se i rappresentanti delle istituzioni locali e regionali ai vari livelli cercano da qualche tempo di prendere le distanze da esse dopo aver contribuito, con il loro consenso od anche soltanto con il loro silenzio, a tale situazione.

Ma cambiare opinione è sempre legittimo quando ci si accorge di avere sbagliato, perché come diceva Indro Montanelli spesso la coerenza è perseveranza nell’errore, ma è necessario riconoscerli gli errori.

L’Assemblea del socio unico Regione, titolare del 100% delle azioni della Terme di Sciacca S.p.A., si appresta ad approvare il nono bilancio consecutivo in perdita (anno 2014) per più di 2 milioni di euro, che sommata alle perdite generate dal 2006 (primo bilancio della società) porta il totale a 15 milioni di euro.

Il capitale sociale (quasi 17 milioni di euro) si è quindi ridotto quasi del 90%, ossia non dei due terzi (limite oltre il quale la legge prevede specifici obblighi di cui abbiamo già detto) ma dei quattro quinti! Ma questa erosione del capitale sociale non è successa tutta in una volta, non c’è stato un fatto traumatico, imprevisto ed imprevedibile che l’ha prodotta, un caso accidentale di forza maggiore, è invece maturata anno dopo anno, lentamente, con una gestione che ha accumulato perdite su perdite, con una proprietà (Regione) che ben conoscendo la situazione economica e finanziaria della società anno dopo anno ne approvava i bilanci, e che anzi – a richiesta degli amministratori– autorizzava la prosecuzione della gestione in perdita derogando con legge persino ai divieti di assunzioni, evidentemente con una volontà trasversale che attraversava tutte le istituzioni, i partiti, i rappresentanti politici (a questi voti!).

Come non si è accorto chi ha gestito la società e chi l’ha controllata dall’interno che il momento di staccare la spina portando i registri in Tribunale era già arrivato ben prima del marzo 2015? Eppure sei anni fa il campanello d’allarme di un rischio di fallimento si era già presentato con una società che aveva richiesto al Tribunale di Sciacca proprio una pronuncia in tal senso. Ci fu una levata di scudi unanime: oggi sappiamo che quell’unanimità era soltanto dovuta alla possibilità, per tutti, di continuare la manfrina.

Una Regione proprietaria quindi pienamente responsabile, che, insieme ad altri, ha colpevolmente sottratto a Sciacca una parte importante del proprio passato, del proprio presente e del proprio futuro, e su cui non si può più tacere.

Ma “Regione” è un concetto indistinto, indeterminato, sul quale occorre alla fine della tragedia avere il coraggio di essere più precisi. Anzitutto gli uffici della Regione ed in particolare dell’Assessorato all’Economia, e quindi i loro dirigenti, che in questi anni hanno per obbligo di servizio controllato (o per meglio dire avrebbero dovuto controllare) la gestione societaria e vigilare su di essa.

Cominciamo ad individuarli con nomi, cognomi, qualifiche e contestiamo loro se ve ne sono inadempienze, omissioni, sviste. Sono state il prodotto di incompetenza? Bene allora questi dirigenti vanno rimossi, fatte salve le responsabilità civili, amministrative e dirigenziali. Se invece sono state il prodotto di qualcos’altro allora sarà l’Autorità Giudiziaria a doversene fare carico.

Subito dopo il Governo regionale (o meglio i Governi regionali) che ha nominato il proprio rappresentante nelle assemblee della società che anno dopo anno hanno approvato i bilanci tutti in perdita. Non solo quindi la Regione è stata colpevolmente disattenta sul controllo e la vigilanza, ma addirittura ha approvato le gestioni fallimentari che hanno portato alla attuale situazione. Potremmo conoscere i provvedimenti di designazione? Chi sono stati i rappresentanti? Chi ha dato le direttive a questi ultimi per votare le approvazioni dei bilanci in perdita in assemblea?

Appresso ancora i deputati ed i senatori – e quelli sappiamo chi sono – nei cui interventi in questi anni non si è mai sentita una voce critica sul sistema fallimentare della gestione della società, interventi che invece pare siano stati mirati soprattutto alla perpetuazione di un sistema di gestione che doveva solo garantire consenso, ed anche lì sappiamo come.

Non mancano i sindacati. Quelli locali e quelli provinciali, e da poco, anche quelli regionali, che in un trionfo di ovvietà oggi pontificano e ci spiegano che “bisogna garantire i livelli occupazionali”, “non vanno disperse le professionalità” e bla, bla, bla, ed altre amenità di questo tipo, ma che in questi anni si sono seduti al tavolo (o a tavola?) con tutti gli attori di questo sconsolante scenario.

Infine i rappresentanti del potere locale, quelli di oggi e quelli di ieri. Sindaci, assessori, consiglieri comunali, dirigenti di partiti che dal 2006 ad oggi hanno avuto posizioni che sono mutate secondo la convenienza: dapprima osannanti nei confronti delle scelte scellerate, poi sempre più silenziosi, infine paladini di un “nuovo corso” fatto di proposte pittoresche ed inattuabili.

Ma saremmo ingenerosi se non considerassimo un ultima categoria: i cittadini di Sciacca. Sono forse quelli che hanno la maggiore responsabilità perché senza battere ciglio, salvo poche eccezioni, hanno permesso a tutte le specie di responsabili che abbiamo enumerato, di fare del loro patrimonio, un patrimonio che tre o quattro generazioni fa è stato voluto da altri cittadini, di fare quello che hanno voluto.

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