PROCESSO TRATTATIVA TRA STATO E MAFIA, TAVORMINA: “MANNINO TEMEVA DI ESSERE UCCISO”

“Tra la fine del 1991 e l’inizio del 1992 l’ex ministro Calogero Mannino era preoccupato perché gli erano arrivati segnali in base ai quali riteneva che ci potesse essere un rischio reale per la sua vita, specialmente quando lasciava Roma per rientrare a Palermo”. Lo ha detto il generale dei carabinieri Giuseppe Tavormina, oggi in pensione, deponendo al processo per la Trattativa tra Stato e mafia, davanti alla Corte d’assise di Palermo.

Interrogato dal pm Antonino Di Matteo, l’ex alto ufficiale dell’Arma ricorda le preoccupazioni espresse dall’ex ministro democristiano, imputato nel processo stralcio del processo “Trattativa”, per la sua vita. Secondo la procura di Palermo, fu proprio Mannino il primo politico a muoversi sullo sfondo della trattativa fra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Proprio perché temeva per la sua vita. Tavormina, che in quel periodo era a capo della Direzione investigativa antimafia, ricorda alcuni incontri avvenuti con Mannino in cui si parlò proprio delle preoccupazioni dell’ex ministro. “Ma gli incontri non sono stati numerosi – spiega Tavormina – ne ricordo uno in cui era particolarmente preoccupato. In un altro, invece, mi preoccupai io”. Alla domanda del pm a Tavormina su quali fossero le minacce cui Mannino faceva riferimento, il generale risponde: “Non ricordo se faceva riferimento a particolari minacce, ma di recente ho letto che c’erano stati alcuni incendi che venivano interpretati da Mannino come segnali”.

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