22 ANNI FA LA STRAGE DI VIA D’AMELIO
Ventidue anni fa a Palermo in via D’Amelio alle 16 e 58 la mafia uccideva il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Una strage a poche settimane da quella in cui rimase vittima Giovannio Falcone, sua maglie e la scorta.
Depistaggi, pentiti taroccati, investigatori infedeli, servizi segreti hanno infatti inquinato la scena del delitto e, negli anni, i vari processi che si sono susseguiti.
Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato a Villagrazia di Carini con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, Paolo Borsellino si recò insieme alla sua scorta in via d’Amelio, dove viveva sua madre. Lì, una Fiat 126 imbottita di tritolo, che era parcheggiata sotto l’abitazione della madre del giudice, esplose al passaggio del magistrato uccidendo, oltre Borsellino, anche i cinque agenti di scorta Emanuela Loi (prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto fu l’agente Antonino Vullo, scampato perché al momento della deflagrazione stava parcheggiando uno dei veicoli della scorta.
Antonino Caponnetto, il vecchio giudice che diresse l’ufficio di Falcone e Borsellino, nel corso della cerimonia funebre dissse: “Caro Paolo, la lotta che hai sostenuto dovrà diventare e diventerà la lotta di ciascuno di noi”.
Pochi giorni prima di essere ucciso, durante un incontro organizzato dalla rivista MicroMega, così come in un’intervista televisiva, Borsellino aveva parlato della sua condizione di “condannato a morte”. Sapeva di essere nel mirino di Cosa Nostra e sapeva che difficilmente la mafia si lascia scappare le sue vittime designate.