I PENTITI SIINO E DI GATI: “FAUCI PAGAVA IL PIZZO CON FATTURE GONFIATE”

E’ emerso nel processo a carico dell’imprenditore favarese Valenti, accusato di estorsione ai danni della ditta di laterizi Fauci

Due testimoni eccellenti, i collaboratori di giustizia Maurizio Di Gati e Angelo Siino sono stati interrogati nel processo a carico dell’imprenditore favarese Stefano Valenti, 48 anni, unico tra gli imputati a scegliere il rito ordinario, accusato di estorsione ai danni della ditta di laterizi Fauci di Sciacca.

Entrambi hanno confermato davanti ai giudici del Tribunale di Agrigento, (presieduto da Giuseppe Melisenda Giambertoni con a latere Giancarlo Caruso e Maria Alessandra Tedde), come la ditta Fauci pagava regolarmente il pizzo anche nei periodi in cui Cosa nostra subiva trasformazioni obbligate determinate dagli arresti dei boss e capi mafia.

Fauci avrebbe pagato il pizzo prima a Salvatore Fragapane, poi al fratello Leonardo ed al compaesano Giuseppe Fanara, allo stesso Maurizio Di Gati, infine a Giuseppe Falsone. Il pentito Maurizio Di Gati avrebbe detto che sarebbe stato Fauci a rivolgersi a Stefano Valenti e quest’ultimo al padre Salvatore, che avrebbe avuto il ruolo di mediatore per il pagamento del pizzo.

La peculiarità del pizzo imposto alla ditta Fauci come hanno raccontato Di Gati e Siino, sarebbe stata che veniva pagato attraverso fatture gonfiate. Si aumentava il costo delle operazioni contabili, si riscuoteva il relativo importo e la differenza tra il valore reale e quello creato veniva consegnato in contanti alla mafia. Tale pratica veniva attuata proprio dall’imprenditore Valenti imposto alla ditta Fauci da Cosa nostra ed in particolare da Giovanni Brusca. Due i modi imposti per pagare il pizzo: una quota annuale pari a40 milioni di vecchie lire ed un’altra di circa 30 milioni sempre delle vecchie lire. Una terza quota sarebbe stata di 25 mila euro proprio al primo anno di vita della nuova moneta nel 2002.

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