PRESENTATO A SCIACCA IL RAPPORTO ECONOMICO DELLA PROVINCIA AGRIGENTINA. DATI NEGATIVI, LA CRISI E’ STRUTTURALE. LA SORDITA’ DELLA POLITICA. L’ASSENZA DEGLI IMPRENDITORI
Si è svolta a Sciacca la presentazione del report economico della provincia di Agrigento. Dati del 2013 che dipingono il territorio agrigentino nel suo aspetto economico e che dovrebbero essere la base per elaborare le politiche economiche. E chi elabora le politiche economiche? Semplice, la classe politica. Propria quella che era assente all’incontro creato dalla Camera di Commercio di Agrigento. L’unico presente era l’assessore Ignazio Bivona. Nessun altro politico, né di Sciacca né del territorio limitrofo.
Eppure, il report è una base indispensabile per comprendere chiamo e dove vogliano andare. Erano presenti i massimi responsabili provinciali della Cisl, Cgil e Uil, oltre alla Coldiretti e Cna.
E gli addetti del settore? Non pervenuti. In platea una ventina di persone comnplessivamente.
Fatta questa necessaria constatazione, il nocciolo della questione è drammatico. La provincia agrigentina non solo soffre della crisi congiunturale, ma ancor prima soffre di una crisi strutturale. Senza infrastrutture è improbabile ogni tentativo di sviluppo economico del territorio. I dati sono tutti in negativo e confermano la realtà vissuta dagli agrigentini e dall’imprenditoria che nel suo ambito opera. Lo studio presentato dalla Camera di Commercio di Agrigento è stato elaborato dal professore Paolo Di Betta, associato Economia e gestione delle imprese dell’Università di Palermo.
Inutile nascondere o ammorbidire una realtà: l’aera agrigentina accusa un forte ritardo di sviluppo. Ad aprire le danze negative il dato sulle persone che cercano lavoro: 27,7%. Una cifra che è il doppio di quella nazionale. Ma è una cifra forse lontana assai dalla realtà. Infatti, molte persone non cercano neanche il lavoro, sfiduciati e scoraggiati da un mercato sempre più in recessione. Rispetto al 2012, il 2013 segna un dato negativo: 1.361 imprese in meno. Nel 2012 erano 48.794, lo scorso anno 47.433 Di queste, attive sono 35.448, in liquidazione 1.594, con procedure concorsuali 1.489, sospese 130, inattive 3.565 Il profilo delle imprese agrigentine è parecchio debole. La stragrande maggioranza delle imprese, 28.303 su 41.226 attive pari al 68,65% sono individuali.
Dunque, imprese con una struttura finanziaria assai limitata. Le società di capitale sono 5.144 pari al 12.48%. Le cooperative 2.584 pari al 6.26%. Le società di persone sono 4.622 pari all’11,21%. I consorzi sono appena lo 0,34% e cioè 139. Il saldo fra iscrizioni e cancellazioni delle imprese nel 2013 (anno di una forte impennata) è negativo: -597. Dato che rappresenta il secondo della Sicilia. Tutti i settori dell’economia agrigentina segnano il passo. Il commercio, l’edilizia, l’artigianato, la pesca, procedono il cammino di discesa.
L’unico dato positivo è dato dalle esportazioni: +37%. Ma è un dato che va letto attentamente. L’agroalimentare esporta ma ha di fronte gli ostacoli della commercializzazione. Più positivo il dato della metalmeccanica. Ma anche qui, attenzione. Il dato è alimentato dalla produzione dei manufatti eolici.
In provincia di Agrigento c’è l’impresa di Moncada che produce ed esporta i manufatti per la realizzazione degli impianti eolici. Il reddito disponibile pro-capite delle famiglie è il più basso in Sicilia. In provincia di Agrigento è di € 10.663,98 migliore solo a quello di Enna che è di € 10.566
In Sicilia il reddito disponibile medio pro-capite per famiglia è di € 12.265,10 mentre in Italia è di € 17.307,21 contro i 20.216,00 del Nord Ovest e 20.021,65 del Nord Est.
Del resto, la crisi strutturale agrigentina è palese. La disponibilità economica è bassa, la disoccupazione alta, le infrastrutture assenti. In un tessuto socio-economico così, è difficile immaginare l’aumento dei consumi e il conseguente sviluppo del territorio.
Il turismo rimane a doppia faccia, ma ancora lontano dagli obiettivi sperati. Gli alberghi vedono diminuire le presenze, le strutture alternative segnano un incremento. Ma è un turismo mordi e fuggi. Un settore che copre ancora una cifra sotto il 10% dell’economia complessiva.
Uno dei pochi dati positivi è dato dalla crescita delle piccolo imprese gestite dai stranieri e il dato di una cifra sempre più crescente dell’impresa al femminile.
Significativa è la conclusione delle 99 pagine del rapporto. Una conclusione di 2 righe: “Concludiamo con il solito auspicio, (ormai una vana speranza), che si perseguano più le politiche di crescita che quelle di redistribuzione del reddito”. Ma sono orecchie che rimangono chiuse, specie quelle della classe politica.
Se i giovani espatriano, un motivo c’è. Basta leggere il report.