MASSIMO RASO: “QUALE PARTITO PER QUALE CITTA’?”. IL PENSIERO DA “CITTADINO” E NON DA SINDACALISTA: “SEGUO LE VICENDE DEL MIO PARTITO CON SOFFERENZA”

Sul dibattito politico acceso dalla nostra testata su talune vicende locali, Massimo Raso ci ha inviato una sua lettera. Una riflessione da “cittadino”, senza coinvolgere il sindacato di cui è segretario generale in provincia di Agrigento. Una lettera che pubblichiamointegralmente.

Caro Filippo,

scusami se uso il Tuo giornale per proporre una riflessione, ma – purtroppo – non è che a Sciacca abbondino le sedi ed i momenti per consentire un confronto di idee. La mia è, ovviamente, una riflessione da libero cittadino che non coinvolge minimamente l’organizzazione che rappresento.

Anche se non vivo a Sciacca fisicamente da 17 anni, continuo a seguire e a sentirmi “parte” di quella comunità politica e sociale ed anche in ragione della mia lunghissima militanza politica nella sinistra sociale e politica di quella Città, credo di avere titolo ad esprimermi, a dispetto di molti che questo diritto hanno cercato di togliermelo.

Seguo le ultime vicende del Partito Democratico con grande sofferenza. Ho letto della nascita del “Big Bang”, dell’ adesione al “progetto Renzi” di alcuni amministratori locali (tra i quali il Vice sindaco Porrello); ho letto la riflessione di Marsala e la risposta del Gruppo Consiliare.

Marsala pone un tema giusto: ovvero se sia normale che non si prenda del fatto politico determinato dall’adesione di una parte della maggioranza che sostiene il Sindaco a Partiti (o a correnti di essa) che stanno all’Opposizione.

Dovrebbe essere lo stesso Sindaco a porre la questione, ma anche il Partito Democratico dovrebbe esigere un chiarimento politico!

Ma Il tema più di fondo è: cosa è diventata la politica, l’”appartenenza” politica in questa nostra Città? Io non conosco personalmente i giovani consiglieri comunali ed il vicesindaco, hanno cominciato a fare politica quando io non ero più a Sciacca, ma la cosa che mi sconvolge è l’assenza di ogni autocritica.

Ma mi chiedo: è possibile che uno si affacci all’agone politico e scelga di stare da una parte della barricata, appoggi Partiti e scelte (per il Sindaco, per il Presidente della Regione, per le Politiche) di un certo tipo e poi, senza colpo ferire, tranquillamente, aderire alle forze che quelle scelte hanno contrastato?

Per carità cambiare idea è possibile, ma non riconoscere pubblicamente le ragioni di tale “evoluzione” lascia il fondato sospetto che questo avvenga perché si ha una concezione dell’impegno politico inteso non come servizio alla collettività ma come carriera, come strumento per affermarsi personalmente: un modo per servirsi della politica più che servirla!

Per chi ha fatto politica in questa Città in anni nei quali militare in un Partito, “appartenervi” era una cosa seria, che ti connotava, ti marchiava e spesso ti impediva alcune cose è davvero troppo difficile comprendere la volatilità di questi spostamenti! Tuttavia essi sono possibili perché , evidentemente, i Partiti sono assai poco connotati, non appaiono chiare le discriminanti che li rendono diversi gli uni dagli altri.

Ecco il deficit che va colmato, a Sciacca (come nel resto del paese): cos’è e a chi si rivolge il Partito Democratico? Quali politiche intende realizzare?

A Sciacca il processo di “costruzione” del Partito Democratico è sempre stato un processo “viziato“ dapprima dalla scarsa convinzione dei “costituenti” e, successivamente, dalla adesione di pezzi (Cusumano) che sono stati troppo condizionanti del Congresso e nella vita interna.

Io ero tra quelli che, assai ingenuamente, riteneva che il processo di “fusione” tra PDS e Margherita potesse essere meno “fredda” che altrove, visto tra i nomi ed i cognomi di quelli che erano i dirigenti dei due partiti vi era molti di coloro che avevano animato comuni esperienze politiche sia nello stesso Partito che nell’esperienza di “Libera Sciacca”.

Ma mi sbagliavo. Le cose sono andate come sono andate e non intendo ripercorrere tutte le tappe di questa storia… Troppi personalismi hanno fatto sì che pezzi interi di PD si siano trasferiti “armi e bagagli” nella neonata SEL e che altri hanno abbandonato ma tutto questo non ha prodotto la benché minima riflessione né localmente né provincialmente: un Partito ridotto ad “una sola famiglia al comando” in grado solo di respingere più che di attrarre.

Questo modo di fare politica ha contribuito non poco ad alimentare l’allontanamento anche di settori giovanili che pure guardavano al PD verso Sel e, soprattutto, verso Grillo.

Occorre “resettare” tutto e ricominciare da capo! Ma occorre che i “soci fondatori” de Partito decidano di esserci e di imprimere le caratteristiche e la “direzione di marcia” .

Se non c’è questo risveglio di chi crede ancora che ci sia spazio per i valori che ci hanno animato nella lotta politica, il rischio è di ritrovarsi “ospiti” nel proprio Partito.

Occorre, per dirlo con le parole di Fabrizio Barca: “Il partito di sinistra che serve al paese non è, dunque, il partito scuola di vita (e di lotta), il partito di massa dove si ascoltano bisogni e si insegna “la linea” per ottenere soddisfazione di quei bisogni e costruire il nuovo “avvenire” prefigurato dalla cultura di partenenza. Non è certo il partito di occupazione dello Stato, dove si vende e si compra di tutto: prebende, ruoli, pensioni, appalti, concessioni, ma anche regole, visioni, idee. Non è neppure il partito liquido, quello della crisi della politica, vetrina dove sono in mostra manichini e prodotti dell’“offerta politica”, nefasta influenza dell’economia sulla politica. È un partito palestra che offre lo spazio per la mobilitazione cognitiva, per confrontare molteplici e limitate conoscenze, imparare ognuno qualcosa, confrontare errori, cambiare posizione, costruire assieme soluzioni innovative per stare meglio e gli strumenti e le idee per farle vincere; e permettere così anche che dal confronto collettivo si profili e vada emergendo un avvenire più bello per i nostri pronipoti con tratti che oggi non possiamo anticipare”

Occorre ripartire dai temi concretissimi del lavoro che non c’è, dello sviluppo termale e turistico, di un governo dei processi economici; occorre ripartire dai temi sociali dall’incipiente povertà e solitudine di giovani e anziani; occorre ripartire da una nuova politica dei servizi che migliorino la “qualità della vita”: non si tratta di temi “neutri”, si tratta di operare scelte che dividono, perché si scontrano interessi concreti.

Per ritornare al Partito: il rischio concreto è che Cusumano da un lato e questi giovani “renziani” dall’altro (accumunati comicamente dal sostegno a Renzi) possono ritrovarsi ad essere “padroni” di un Partito che non è il loro, che non lo è stato in questi anni: una sorta di “OPA ostile” che mira a cancellare le storia di chi proveniente dalla storia del PCI, del PSI, di parte della DC, aveva creduto nella possibilità di fondere queste culture nell’originale esperienza de “l’Ulivo” e poi del PD. Il mio vuole essere un appello accorato a quanti (non faccio l’appello nominativo perché sarebbe troppo lungo!) hanno a cuore le sorti del PD e del CentroSinistra a Sciacca, affinché non venga disperso o svenduto questo immenso patrimonio: troviamo il modo e le forme per incontrarci e definire un percorso comune. Prima che sia troppo tardi!

Massimo Raso

 

Caro Massimo, grazie per il tuo contributo ad un dibattito politico che, in questi giorni, risveglia una città dormiente, assopita dall’incertezza di un futuro che si dipinge sempre più con tinte scure.

Il mio giornale, del resto, nasce proprio con lo scopo di creare un’agorà. L’obiettivo è centrato. La politica dei giorni nostri soffre l’incertezza che domina a livello centrale. Essa esonda fino ad arrivare alle periferie più lontani dello Stivale.

Sciacca non poteva non essere contagiata da tale virus. La Sciacca delle idee, la Sciacca di Accursio Miraglia. La Sciacca che tu non riconosci più.

Neanche io riconosco la Sciacca delle idee, del fare, del proporre. Oggi la nostra città è dominata da un evoluzione irrefrenabile dell’odio che risale ai fatti medievali noti nella nostra città.

C’è una gran voglia di distruggere, di esasperare gli animi, di non fare, di pensare all’effimero. Hai mai visto una proposta di programmazione per la nostra città? Sai che assetto, che fisionomia assumerà la nostra Sciacca tra 10-20 anni?

Qui, caro Massimo, la politica sembra impegnata solo con  frasi d’annunzio, ad effetto, con  slogan. Qui la politica si vanta di effettuare la scerbatura o la potatura. Qui ci si gratifica perchè la nostra Sciacca appare su rubriche di emittenti nazionali (che per riempire il loro palinsesto girano l’Italia in lungo e in largo).

Qui, caro Massimo, siamo stati depradati delle risorse importanti della nostra città, e la politica si limita a scrivere letterine che neanche vengono prese in considerazione dai Palazzi del potere a Palermo.

Soffri per il tuo partito. Ma Massimo, è lo stesso partito a livello nazionale a far soffrire i simpatizzanti per la sua non politica. L’ultimo esempio è stata la scorsa campagna elettorale nazionale. Sai dirmi cosa ha proposto il partito agli elettori?

Per quanto riguarda Sciacca, caro Massimo, ho la sensazione che si sia perso il gusto delle “battaglie”. Lo scontro politico si è concentrato sulle invettive tra i partiti, tra le parti consiliari. Forse è più facile gettare del fango che proporre soluzioni capaci di rinvigorire un tessuto sociale-economico ridotto al lumicino.

Non ci sono più idee, caro Massimo. Non c’è più l’amore per le sfide. La nostra Sciacca è stretta nella morsa dell’apatia. E’ nel sonno. Qualche timida reazione promana da un tessuto culturale-sociale toccato dalla paura di non celebrare il carnevale. Tutto qui. La città non reagisce.

Questo è il dramma. Non si discute più, non ci si confronta, ci si scontra solamente. Per quanto riguarda il tuo partito, caro Massimo, al di là che è gestito da “uniche famiglie”, ti ricordo che qualche autorevole pesonaggio disse: “meglio essere pochi”.

L’obiettivo è stato raggiunto!

Sono desideroso, caro Massimo, di assistere ad un Consiglio comunale pieno di contenuti, di interventi che possano guardare ad una programmazione ad ampio spettro della nostra città. Ma ciò non avviene, l’Aula consiliare per colpa di pochi è un’arena nella quale non ci sono tori, ma gettatori di fango. Per colpa di taluni incapaci, invece, diventa un cimitero nel quale si seppelliscono le idee e domina il silenzio.

L’asticella del valore, della qualità, del fare, del proporre, caro Massimo scende sempre più giù. Il tuo interrogativo è quale partito per quale città? E’ un punto di domanda molto arduo, Massimo. Si dovrebbe iniziare facendo, taluni, passi indietro. E’ qui il vero ostacolo, il nocciolo della questione.

Un cordiale saluto. Filippo Cardinale

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