PONTE BELICE, IL GEMELLO CHE FA PAURA: BARRIERE INADEGUATE E GIUNTI DEFORMATI
A una ventina di chilometri dal viadotto Carabollace si innalza verso il cielo il suo fratello maggiore, il viadotto Belice. Altissimo e lungo circa due chilometri, fa paura per davvero.
Anche il lungo viadotto Belice fa paura. Tanta. I guardrail sono bassi, fragili. Del resto sono stati installati con la realizzazione del viadotto negli anni settanta. Sono visibilmente inadeguati alle esigenze del traffico moderno, ma soprattutto a tutelare l’incolumità delle persone che lo attraversano. Per l’Anas quelle barriere non sono ancora fuori norma. Vanno sostituite si, ma non c’è fretta. La fretta è funzionale alla disponibilità dei fondi dell’Anas.
Anche per questo viadotto si sono svolte diverse manifestazioni per sensibilizzare l’Anas ad intervenire. Ma nulla. Nulla è stato fatto. Il viadotto continua a toccare il cielo e ai suoi lati restano quelle barriere basse. La sicurezza delle persone è affidata a dei tubi che sembrano avere lo spessore di una rete idrica domestica.
Eppure, questo tratto di SS 115 unisce la provincia di Trapani con quella di Agrigento, per poi spingersi fino a Gela. E’ l’anello mancante dell’autostrada che perimetra la Sicilia. Questo lembo di isola è costretta ad una viabilità che risulta ormai inadeguata alle esigenze di un territorio che si è sviluppato commercialmente e che punta sullo sviluppo turistico.