PROCURATORE AGGIUNTO TERESI DIFENDE MESSINEO

Il procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Vittorio Teresi è intervenuto sulla vicenda legata al procedimento aperto dal Csm contro il capo della Procura distrettuale antimafia, Francesco Messineo, accusato di avere guidato “con debolezza” la Dda e di avere fatto sfumare l’arresto di Matteo Messina Denaro.

“Mi dispiace dirlo – dice Teresi – ma il Csm è informato male sulla mancata cattura del boss latitante Matteo Messina Denaro. L’arresto del capomafia non sfumò per un mancato coordinamento delle indagini, anzi al contrario, c’è stato direi un eccesso di coordinamento. Noi per due anni abbiamo congelato un’indagine importante dell’Agrigentino (poi sfociata nell’operazione “Nuova Cupola”), proprio per potere svolgere le ricerche di Messina Denaro…”, spiega ancora il Procuratore aggiunto di Palermo, Vittorio Teresi, che torna così a parlare del procedimento aperto ieri dal csm nei confronti del procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, accusato, tra le altre cose, di avere fatto fallire la cattura della Primula rossa di Cosa nostra.

“Intanto – spiega – voglio sottolineare che Messineo non è affatto il responsabile del mancato arresto di Messina Denaro”. A puntare il dito contro Messineo sono stati alcuni dei magistrati della stessa Procura di Palermo, secondo cui nel giugno del 2012 il superlatitante poteva essere arrestato, ma un blitz della Polizia aveva decapitato il mandamento dell’Agrigentino, e in quell’occasione finì in carcere anche Leo Sutera, boss dell’agrigentino, che da due anni era monitorato dai Ros dei carabinieri”.

Secondo il Ros Sutera era la chiave per arrivare a Messina Denaro, ma l’arresto – questa è la loro versione – voluto da Messineo, avrebbe fermato la cattura del latitante. Sutera andava monitorato ancora e non arrestato, avevano detto. E il procuratore aggiunto Teresa Principato aveva dato loro ragione. Su Sutera stavano lavorando anche i servizi segreti dell’Aisi. Dopo l’arresto di Sutera la Principato aveva scritto una lettera di fuoco al procuratore Messineo protestando per quel blitz dell’Agrigentino, che avrebbe bruciato la pista del Ros.

Di tutt’altro parere il Procuratore aggiunto Vittorio Teresi, che oggi spiega: “Nel 2009 durante alcune indagini antimafia dell’Agrigentino venne fuori che il mandamento si stava ristruttrando e a capo c’era il boss Leo Sutera. Dopo l’arresto di Gerlandino Messina, nel settembre del 2009 Leo Sutera era diventato il capo della provincia – dice ancora il Procuratore aggiunto Vittorio Teresi – e sul territorio si assisteva a un incremento delle attività di estorsione e danneggiamenti. Pur tuttavia noi ci siamo assunti la responsabilità di mettere in secondo piano tutte queste attività per due anni. Con tutte le sofferenze per gli abitanti del territorio. A seguito di tutte queste attività investigative, la Squadra mobile di Palermo nel settembre 2011 presenta l’informativa di reato su tutte queste vicende delle attività mafiose dell’Agrigentino.

Nonostante quella informativa – racconta ancora Teresi – non dico che abbiamo voluto ritardare quelle indagini, ma noi abbiamo continuato a considerare queste cose secondarie rispetto all’esigenza di prendere Messina Denaro.

Quando un organo di Polizia presenta una informativa di reato di questo tipo – spiega Teresi – c’è intanto per il Pm l’obbligatorietà dell’azione penale, ma c’è anche un altro obbligo per il Pm, che è quello che di evitare che accadano altri reati. Noi in qualche modo quella esigenza l’abbiamo congelata, rispetto all’esigenza di arrestare Messina Denaro. Quindi, per favore, non mi si dica che c’è stata una mancanza di coordinamento per l’arresto di Messina Denaro. Per agevolare le ricerche del boss latitante Matteo Messina Denaro abbiamo congelato l’indagine dell’Agrigentino fino a quando, nel maggio 2012 emergono esigenze diverse, con i provvedimenti di fermo già pronti – racconta ancora il Procuratore aggiunto di Palermo, Vittorio Teresi – venne fuori l’ipotesi che alcuni degli indagati potessero fuggire. E il pericolo di fuga faceva emergere un’emergenza maggiore che nei due anni precedenti non era emersa. Nonostante ciò ritardammo un altro mese l’indagine perchè la collega Maria Teresa Principato fece presente che c’erano nuove attività che erano state fatte dal Ros. Si parlava di un incontro di un tizio. Il procuratore personamente ricordo che sentì l’intercettazione, ma non risultò così significativa”.

A questo punto il Procuratore aggiunto racconta la vicenda del boss agrigentino Leo Sutera che, sempre nel maggio 2012, si recò in un casolare monitorato dal Ros. I Carabinieri videro entrare Sutera in questo tugurio, rovistare tra le foglie secche e tirare fuori un foglio di carta, evidentemente un pizzino. Andò fuori e lo lesse – dice ancora Teresi – Secondo i Ros quel pizzino proveniva sicuramente da Matteo Messina Denaro. Sutera rimise quel foglio di carte nell’erba e se ne andò. Noi apprendemmo di questa vicenda dopo una settimana dalla collega Principato e in quella settimana il tugurio non era stato visitato da nessuno. E il Ros non ha pensato di entrare, prendere il foglio, fotografarlo, leggerlo e rimetterlo a posto. Sia queste vicenda che altre come l’intercettazione di prima, mi hanno convinto che la presunta conducenza delle indagini sulla imminenza dell’individuazione di Messina Denaro era assolutamente esagerata. E che era venuto il momento, dopo due anni e mezzo, di mettere in primo piano l’esigenza di quel territorio.  Io ho insistito molto, in sede di riunione di Dda, affinchè Messineo desse il via ai fermi. Messineo non ha fatto scappare Messina Denaro – dice Teresi con foga – Quesi titoli che ho letto mi hanno fatto molto arrabbiare”.

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