IL PRIMO COMPLEANNO DELLA GIUNTA DI PAOLA. SI INSEDIAVA UN ANNO FA

Editoriale di Filippo Cardinale

Il sindaco Fabrizio Di Paola ha spento la prima candelina del suo mandato. Magari avrà stappato una bottiglia di bollicine, del resto qualcosa da festeggiare c’è sempre. Si insediava un anno fa. La giunta è rimasta inalterata rispetto alla sua formazione iniziale. Calcisticamente vige il detto che squadra che vince non si cambia , e Fabrizio Di Paola sembra adottarlo senza variante di gioco.

Al di là dell’analisi politica dei primi 365 giorni, vi è da sottolineare che le redini del governo cittadino sono saldamente tenute da Di Paola, che ha dimostrato di avere quell’autorevolezza indispensabile per  amalgamare le componenti che formano una coalizione. Non è roba da poco, considerato che da anni, ormai, il mondo politico è una nave sulla quale tutti sembrano essere comandanti. Ciò crea evidenti fibrillazioni che non giovano certo ad un’azione di governo imperniato a programmare sulla distanza. 

Abbiamo vissuto esperienze nelle quali chiaramente è emersa l’insufficienza a gestire la coalizione politica da parte del primo cittadino. E in una città fortemente arroccata sull’eterna sfida, che ha registrato il suo culmine nel famoso caso di Sciacca, possedere il dono dell’autorevolezza e la capacità di tenere ben saldo il timone, rappresenta, senza dubbio, elemento distintivo.

Da qualche tempo, amministrare un Comune è un compito immane. Quali sono i motivi? Uno è predominante: mancano gli strumenti finanziari per potere operare. Una nave senza propulsione può rimanere solo saldamente ormeggiata in porto, non può, evidentemente, navigare.

Oggi, la nostra Sciacca registra, in misura assai forte, la necessità di un cambio culturale. La nuova frontiera dovrebbe essere quella di guardare avanti e scrollarsi di dosso, definitivamente, la sindrome del passato. La gravità della situazione impone di guardare oltre il perimetro del tempo trascorso, impone di non rivangare posizioni datate. La politica è evoluzione, esattamente come l’evoluzione dei tempi.

Insomma, togliersi di dosso quella negativa sfaccettatura tipica saccense avrebbe solo effetti benefici per la città. La città ha bisogno di confronto, di scambio di idee. Ma sia il confronto e sia le idee devono necessariamente guardare avanti. E non essere occasione per fare marcia a ritroso nel tempo, magari rinverdendo interventi che erano contestulizzati nel tempo.

Insomma, farci meno male non sarebbe mica male. Ma soprattutto una nuova cultura politica sarebbe esempio edificante per le nuove generazioni che guardarebbero la politica come mezzo per concretizzare le necessità di una collettività e non come piazza per scambiarsi invettive, insulti, provocazioni fine a se stesse.

 

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