LA CASSAZIONE CONFERMA LA CONDANNA A 8 ANNI E 6 MESI DI CARCERE A GIORGIO LOREFICE

Condannato per detenzione e porto abusivo di esplosivo, danneggiamento da incendio ed estorsione ai danni dell’ex ingegnere capo Giuseppe Di Giovanna

La condanna a 8 anni e 6 mesi di carcere diventa definitiva per l’architetto saccense Giorgio Lorefice. E’ di stasera la sentenza della Corte di Cassazione, prima Sezione (Presidente Zampetti, relatore Rocchi, Pg Scaramella) che conferma e rende esecutiva la sentenza di condanna della Corte di Appello di Palermo a carico di Giorgio Lorefice per detenzione e porto abusivo di esplosivo, danneggiamento seguito da incendio ed estorsione (200 milioni del vecchio conio), in concorso con il saccense Calogero Ragusa, ai danni dell’ex ingegnere capo del Comune di Sciacca, ingegnere Giuseppe Di Giovanna.

In primo grado, il Tribunale di Sciacca aveva assolto Lorefice. Poi, il 15 febbraio dello scorso anno, la prima sezione penale della Corte di Appello di Palermo, aveva ribaltato la sentenza riconoscendo Lorefice colpevole e condannandolo alla pena della reclusione di 8 anni e 6 mesi. Inoltre, Lorefice è stato condannato ad una provvisionale di 120 mila euro per risarcimento danno, e 10 mila euro per ciascuno dei tre familiari dell’ingegnere Di Giovanna.

La Corte di Appello ha anche interdetto l’architetto Lorefice dai pubblici uffici. Di Giovanna, costituitosi parte civile con la famiglia,  è stato difeso dagli avvocati Giovanni Vaccaro e Michele Monteleone, mentre Lorefice dagli avvocati Roberto Tricoli e Borgogno (Foro di Roma).

I fatti per cui Lorefice è stato condannato si riferiscono all’attentato incendiario ai danni dell’ingegnere Giuseppe Di Giovanna, il 29 maggio 2001, quando il professionista era ancora alla guida dell’ufficio tecnico del Comune di Sciacca. Le indagini hanno consentito di risalire al Ragusa e poi al Lorefice, grazie ad una perizia fonica che attribuirebbe la voce dell’anonimo rivendicatore dell’attentato a quelle di Ragusa, ad una serie di intercettazioni telefoniche ed ambientali ed anche a numerosi pedinamenti nei confronti degli indagati. Ad inchiodare Lorefice sono state le dichiarazioni rilasciate da Di Giovanna. L’ingegnere confermò quanto gli investigatori ipotizzavano già, e cioè di essere stato vittima di un’estorsione di 200 milioni del vecchio conio che avrebbe consegnato in contanti nelle mani di Giorgio Lorefice. I soldi secondo la deposizione di Di Giovanna, sarebbero stati consegnati alcuni mesi dopo l’esplosione di quell’ordigno davanti alla sua abitazione.

L’ingegnere disse che l’architetto Lorefice avrebbe dovuto consegnare quel denaro a persone della locale organizzazione mafiosa affinché non venisse più preso di mira. Di Giovanna ha aggiunto di avere ricevuto, presso la sua abitazione, dopo la consegna del denaro, la visita di Ragusa che escludeva ogni suo coinvolgimento nella vicenda.

Le indagini furono coordinate dal sostituto procuratore Salvatore Vella e condotte dalla PG della Procura di Sciacca, aliquota dei carabinieri guidata dal maresciallo Lorenzo Longo.

 

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