GRILLO, IL DISAGIO SOCIALE, LA SINISTRA E RENZI: IL PENSIERO DI SIMONE DI PAOLA
Il consigliere comunale Simone Di Paola, ci invia questa nota con attente riflessioni sul risultato elettorale dello scorso 25 febbraio. C’è un’analisi del “fenomeno” Grillo, del centrosinistra che non ha ottenuto il risultato sperato e di una speranza chiamata “Renzi”. Pubblichiamo volentieri l’analisi e invitiamo altri esponenti politici a fare le loro valutazioni sugli scenari che potrebbero aprirsi in campo nazionale e sui riflessi nel nostro territorio, particolarmente afflitto dalla crisi sociale.
“Da alcuni giorni leggo su facebook un gran numero di commenti trionfalistici sul risultato elettorale, del tipo “io lo sapevo”, oppure “io lo avevo già previsto”, oppure ancora “io ne ero sicuro”… Io, molto più sinceramente, non avevo previsto ne supposto nulla, anche se, avendo fatto la campagna elettorale “all’antica”, vale a dire fra la gente ed avendone ascoltato gli umori e testato la rabbia nei confronti della classe politica tutta, non posso dire in fede mia che il dato finale del voto per il rinnovo del Parlamento mi sorprenda più di tanto.
Che Grillo potesse ottenere un grande risultato lo si leggeva, come ho già detto, negli occhi delle centinaia di padri di famiglia che quotidianamente mi capita di incontrare ed assistere svolgendo il mio ruolo di Consigliere Comunale, gente privata della dignità di un lavoro stabile e umiliata da troppo tempo da condizioni di incertezza economica per se e la propria famiglia, esasperata da una situazione di permanente crisi economica ed occupazionale, generata dalla inadeguatezza di una classe politica insensibile e sorda al grido di dolore di milioni di italiani, incapace per troppo tempo di fornire risposte serie ed adeguate alla drammaticità del momento e che ha trovato in Grillo la più naturale delle valvole di sfogo. Ma il voto ottenuto dal Movimento 5 Stelle, al punto in cui siamo, non va demonizzato ne vissuto come un affronto alla democrazia, sarebbe un grave errore; va al contrario compreso e approfondito, così come penso che la sfida che i Grillini lanciano alle forze progressiste sul terreno della innovazione e del rinnovamento della politica va colta, non come un’insidia, ma come una opportunità per modernizzare e rilanciare la credibilità della Sinistra italiana, uscita offuscata da questo turno elettorale. Non ho certo condiviso le vagonate di demagogia e populismo che Grillo ci propina da tempo; per essere estremamente chiari, la cosa più facile del mondo, quando c’è fame e non c’è lavoro, è scendere in piazza e proclamare la decapitazione dell’intero sistema, al grido di “tutti ladri, tutti al rogo!!”. Eppure l’impressione è che questo Movimento non sia semplicemente protesta, che ci sia molto di più di questo e che la sinistra abbia il dovere di confrontarsi con questa nuova formazione politica, la quale – a sua volta – dovrà adesso dimostrare di saper andare oltre la dimensione del mero slogan.
Insomma, non c’è dubbio che il Centro sinistra non possa lasciare al Movimento la titolarità di temi quali la moralizzazione della vita pubblica, la lotta senza quartiere ad ogni forma di eccessi, di spreco e di corruttela, che al contrario dovrebbero essere un faro illuminante di una sinistra moderna e credibile; temi sui quali le forze progressiste si sono gravemente attardate per un decennio almeno, restando sorde alle inequivocabili domande di cambiamento che la gente da tempo reclama. Penso che rispetto a temi quali l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, il dimezzamento del numero dei deputati, l’abolizione dei vitalizi e l’adeguamento degli stipendi dei parlamentari alle medie europee, per non parlare poi di temi quali l’acqua, la scuola e la sanità pubblica, non sia così impossibile individuare un terreno di confronto fra le forze di Centrosinistra ed il Movimento 5 Stelle, così come sta accadendo in Sicilia con il cosiddetto Modello Crocetta. Ho anche letto commenti poco generosi sul ruolo esercitato da Bersani in questa campagna elettorale, reo di non aver condotto la campagna elettorale con la dovuta autorevolezza, di non aver eccitato gli animi della cosiddetta società civile, di essere solamente la foglia di fico delle solite oligarchie di partito.
A me piace molto Matteo Renzi, personalmente lo considero la più grande speranza per una sinistra finalmente moderna e non mi interessa ergermi a difensore d’ufficio di alcuno; ma forse è utile ricordare che Pierluigi Bersani non è stato imposto ne tanto meno calato dall’alto da D’Alema e Compagni; al contrario si è sottoposto alla selezione delle primarie alle quali hanno preso parte circa 4 milioni di italiani…tutti stolti incompetenti o vecchi nostalgici del comunismo? O forse dietro questo voto a Bersani c’è qualcosa di più che un sentimento di semplice nostalgia? Posso concordare sul fatto che, se al posto del segretario del PD ci fosse stato il Sindaco di Firenze la campagna elettorale avrebbe avuto uno smalto ed un entusiasmo decisamente maggiore…magari avremmo ottenuto più consensi, chissà. Ma ciò che nessuno stranamente fa rilevare in questi commenti post voto è che la vera causa del risultato uscito fuori dalle urne è da ascriversi ad una legge elettorale che punta chiaramente all’ingovernabilità e che, a prescindere dai candidati, molto difficilmente consente la formazione di maggioranze stabili. Prova ne sia il fatto che, nonostante il centrosinistra abbia preso in assoluto più voti del centrodestra in entrambi i rami del Parlamento, l’attribuzione del premio di maggioranza su base regionale al Senato della Repubblica ha fatto si che, pur avendo il centrosinistra vinto nel 75% delle Regioni italiane, la sconfitta in 3 Regioni non ha consentito la formazione di una maggioranza assoluta anche nel secondo ramo del Parlamento. E temo che la medesima cosa sarebbe accaduta tanto con Matteo Renzi che con Pierluigi Bersani. Se una colpa grave posso ascrivere al Gruppo Dirigente del PD è quella di non aver imposto, avendone tutte le possibilità, una nuova legge elettorale, forse per la troppa sicurezza di avere la vittoria in tasca, di fatto spalancando le porte alla rimonta di Berlusconi ed all’exploit di Beppe Grillo.
In ogni caso non vedo cosa ci sia da festeggiare rispetto ad un risultato elettorale che espone l’Italia al baratro dell’incertezza e dell’ingovernabilità, aprendo scenari agghiaccianti per il futuro del nostro paese. Semmai c’è da sbracciarsi tutti, Grillo compreso, per scongiurare il rischio che il nostro paese scivoli pericolosamente sul crinale della Grecia, magari cedendo alla tentazione di un voto anticipato, per meri calcoli elettorali; sarebbe infatti questa la morte certificata dell’Italia”.