Il crollo del ponte del Verdura svela una realtà cruda, un gioco tra domatori e domati

Editoriale di Filippo Cardinale

 

Sono trascorsi 16 giorni da quando, a causa del crollo del ponticello del Verdura, la provincia di Agrigento si è spaccata in due e con essa la parte meridionale della Sicilia.

Sono trascorsi tantissimi giorni, un arco temporale biblico rispetto all’emergenza di un territorio messo in ginocchio dalla carenza infrastrutturale atavica. Una carenza che non lascia immuni da responsabilità una classe politica che non ha mai saputo tracciare una rotta lungo la quale far navigare il territorio su coordinate dello sviluppo, del riscatto.

I politici piuttosto che portatori di interessi collettivi si sono trasformati in abili domatori, acquietando la gente con abbondanti porzioni di parole, illusioni. Peggio ancora hanno messo in bocca briciole di infima carne, tamponando la fame di crescita, di sviluppo di un territorio, promettendo un futuro magico, mirabolante.

Una promessa di riscatto di un territorio il cui nocciolo critico e’ rimasto sostanzialmente simile a quello descritto dalle relazioni dei governi post unità d’Italia. Domatori abili, dietro l’abilità dei quali si nasconde l’inadeguatezza ad assolvere i ruoli di rappresentanti del popolo. Un popolo che ha avallato l’insufficienza di una classe politica accontentandosi delle briciole, gratificato di coltivare il proprio piccolo orticello e incapace di guardare oltre il suo ristretto perimetro.

Oggi, purtroppo con decenni e decenni di ritardo, ci si è svegliati di colpo, bruscamente, e ci si è accorti che la cura di quell’orticello ha rappresentato una trappola mortale. Eppure, i domatori continuano nella loro arte. E nell’emergenza riescono a rabbonire gli stanchi e innocui leoni elargendo le solite molliche. E mentre il territorio e’ sempre più in agonia, loro elargiscano le molliche sotto forma di catrame che tappa le vergogne di una viabilità da terzo mondo. E domatori inesauribili fanno mostra di se in televisione spiegando ai domati dettagli tecnici di una mulattiera ricoperta di asfalto che per incanto diventa viabilità.

I domati non hanno la forza di reagire. Forse, nonostante tutto, forse ancora oggi, le molliche fanno gola. Forse non c’è più la forza, ne’ la voglia di ruggire. Ma è proprio quando manca il ruggito che il domatore si sente più forte. I domatori, la sfera dei quali annovera anche Istituzioni, si sono resi responsabili di scelte che disprezzano le emergenze di un territorio.

Il tempo scorre, sta scorrendo. Vi sono prezzi altissimi che i domati stanno già pagando. C’è un territorio in ginocchio, disagi immani alla popolazione. L’orologio scorre con ritmo tutt’altro che da emergenza.

Staremo a vedere, sempre vigili e senza sconti per nessuno.

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