Come se nulla fosse successo. La politica alla fine proporrà un déjà vu

Editoriale di Filippo Cardinale

“Qualcosa doveva cambiare perché tutto restasse com’era prima”, diceva Don Fabrizio, il principe di Salina nel capolavoro di Tomasi di Lampedusa. Quale attuale verità quella del Gattopardo. E dire che di tempo ne è trascorso dai tempi prossimi all’unità d’Italia! Nella nostra Sciacca c’è una caratteristica immutabile: le cose permangono nella loro incredibile staticità. Non per niente la nostra città vanta un numero record di opere pubbliche incompiute.

Lo scenario politico non è immune da questa forma di perpetuare situazioni che urlano, invece, di essere cambiate. Abbiamo vissuto questi due anni e mezzo di governo cittadino con profonda incredulità. Una coalizione che ha vinto al primo turno e con una maggioranza in Consiglio comunale che le avrebbe consentito di affrontare burrasche. Invece, no. La nave comandata da Vito Bono si è incagliata nella secca dei litigi, affondando impietosamente e lasciando la città senza guida di fronte ad un contesto temporale colmo di emergenze, e con una crisi che diventa ogni giorno più palpabile. Il comandante ha lasciato il timone, scendendo dalla barca. L’equipaggio, colto dalla sorpresa e dall’anticipazione di una mossa inaspettata del comandante, ha dovuto guadagnare, anch’esso, la biscaggina e scendere di gran fretta dalla nave in affondamento.

La maggioranza, o ex come si preferisce, ha accusato il colpo frutto di una strategia dell’ex Vito Bono, ispirato dalla visione “muoia Sansone con tutti i filistei”. Fli, Api, Pd e Mpa cercano di mettere in piedi una coalizione per ritornare alla guida della città. Si è fatto qualche tentativo, in verità timido, di partorire una alleanza politica più estesa in grado di far fronte alla grave situazione in cui versa la Città, un misto formato da casse comunali vuote, patto di stabilità sforato, crisi ideologica, tessuto sociale ed economico della città ridotti ai minimi termini. Il tutto poggiato su un letto di crisi d’identità di una città che ha perso la stella polare e non ha più punti di riferimento cui ispirarsi. Una politica fatta di veti incrociati, visione personalistiche della politica, risentimenti atavici farciti da gelosie e invidie.

Dall’altra parte le cose non stanno meglio. Il Pdl soffre di un crisi a vasto raggio (non riesce a esprimere un candidato sindaco a Palermo e ad Agrigento, non ha più un sindaco in provincia di Agrigento, terra di Angelino Alfano). Grande Sud prende le distanze dal Pdl, almeno apparentemente. Sarà così?

Il quadro politico è una bolgia. E in questa bolgia l’unico pensiero chiaro è quello che proviene dall’ex sindaco Ignazio Cucchiara, tirato per la giacca dal centrosinistra. Cucchiara ha centrato bene la sostanza. Per governare questa città, oltre ad un programma credibile, è necessario dotarsi di una bacchetta magica capace di cambiare un substrato culturale incancrenito e di bassissimo profilo. E’ da qui che bisogna partire. Cucchiara l’ha capito, come ha capito che una terapia efficace per fronteggiare la patologia non può essere prescritta da chi è stato causa del virus.

La solita politica in questi giorni è impegnata alla ricerca di qualcosa che non trova. Dalla grande alleanza per fronteggiare la straordinarietà della situazione finanziaria del Comune, man mano si sta tornando alla “normalità”. Quasi una strategia per “depistare” l’attenzione pubblica dallo choc vissuto con l’interruzione anticipata della sindacatura e consiliatura. E così si assiste alla “stabilizzazione “ dello scenario politico nel quale la politica locale dimostra di rimanere distante dalla realtà e dal sentiment dell’opinione pubblica.

Dopo i primi “sbandamenti” delle dimissioni di Vito Bono, man mano la maggioranza che lo ha sostenuto si sta ricompattando, convinta che l’opinione pubblica sia concentrata sulla esclusiva responsabilità di Vito Bono e non di quella corale che lo ha sostenuto. Anziché rinnovarsi, la classe politica locale non riesce ad essere fucina di nuove leve, di nuova linfa, di nuove visioni. Perpetua il déjà vu.

Alla fine, nei prossimi giorni assisteremo ad una replica dello spettacolo che abbiamo già visto. E allora, non rimane che auspicare che a Sciacca arrivi il vento di una “nuova primavera”, capace di imprimere una svolta e un nuovo passo. Una “nuova primavera” capace di guardare oltre il perimetro limitato che la classe politica ci ripropone con avidità. Un nuovo vento primaverile capace di scaldare quell’animo gelido che si è impossessato dei saccensi. Spetta a loro, con la loro scelta, contribuire al cambio di passo. Ripetiamo fino alla noia: la città è malata, ma non è inguaribile.

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