GIORGIO LOREFICE CONDANNATO A 8 ANNI E 6 MESI. LA CORTE DI APPELLO RIBALTA L’ASSOLUZIONE IN PRIMO GRADO
L’accusa è di estorsione e danneggiamento ai danni dell’ex ingegnere capo del Comune di Sciacca, Peppino Di Giovanna
La prima sezione penale della Corte di Appello di Palermo ha ribaltato la sentenza di assoluzione di primo grado del Tribunale di Sciacca, condannando il saccense Giorgio Loreficie alla pena della reclusione di 8 anni e 6 mesi. Inoltre, Lorefice è stato condannato ad una provisionale di 120 mila euro per risarcimento danno, e 10 mila euro per ciascuno dei tre familiari dell’ingegnrere Di Giovanna. La Corte di Appello ha anche interdetto l’architetto Lorefice dai pubblici uffici. Di Giovanna è stato difeso dagli avvocati Giovanni Vaccaro e Michele Monteleone, mentre Lorefice dagli avvocati Roberto Tricoli, Luigi Miceli Tagliavia e da Fabio Buttafuocodel Foro di Palermo.
Nei confronti di Lorefice si ipotizzavano i reati di detenzione e porto abusivo di esplosivo, danneggiamento seguito da incendio ed estorsione, in concorso con il saccense Calogero Ragusa.
L’assoluzione in primo grado era arrivata per tutti e cinque i capi di imputazione per l’architetto Giorgio Lorefice. Così sentenziò, nel gennaio del 2009, il collegio giudicante della sezione penale del Tribunale saccense, costituita da Enzo Agate (presidente), Carmen Bifano e Michele Guarnotta. Per Giorgio Lorefice, difeso dagli avvocati Roberto Tricoli e Luigi Miceli Tagliavia del Foro di Palermo e da Fabio Buttafuoco, dunque, arrivava l’assoluzione per i reati contestati dalla pubblica accusa, Salvatore Vella: detenzione di ordigni esplosivi, danneggiamento da ordigni esplosivi, estorsione, tentato furto e favoreggiamento. Per l’imputazione di tentato furto il collegio giudicante del tribunale di Sciacca decise l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”, per la detenzione di esplosivo, danneggiamento da ordigno esplosivo, tentato furto, assoluzione per “non aver commesso il fatto”, mentre “perché il fatto non costituisce reato”, per l’ipotesi del reato di favoreggiamento.
Si chiuse, allora, per il Tribunale saccense, un processo che durava da quattro anni e nel quale sono stati ascoltati sei testi. Lorefice era stato posto in custodia cautelare, poi per 11 mesi agli arresti domiciliari e il divieto di dimora in provincia di Agrigento.
I fatti contestati sono riferiti all’attentato incendiario ai danni dell’ingegnere Peppino Di Giovanna, risalente al 29 maggio 2001, quando il professionista era ancora alla guida dell’ufficio tecnico del Comune di Sciacca. Le indagini, eseguite dai carabinieri di Sciacca e coordinate dal sostituto Vella, hanno consentito di risalire al Ragusa e poi al Lorefice, grazie ad una perizia fonica che attribuirebbe la voce dell’anonimo rivendicatore dell’attentato a qualle di Ragusa, ad una serie di intercettazioni telefoniche ed ambientali ed anche a numerosi pedinamenti nei confronti degli indagati. Ad inchiodare Lorefice sarebbero però state le dichiarazioni rilasciate da Di Giovanna nel processo che celebrato al Tribunale di Sciacca a carico di Ragusa. L’ingegnere confermò quanto gli investigatori ipotizzavano già, e cioè di essere stato vittima di un’estorsione di 200 milioni del vecchio conio che avrebbe consegnato in contanti nelle mani di Giorgio Lorefice.
I soldi secondo la deposizione di Di Giovanna, sarebbero stati consegnati alcuni mesi dopo l’esplosione di quell’ordigno davanti alla sua abitazione. L’ingegnere disse che l’architetto Lorefice avrebbe dovuto consegnare quel denaro a persone della locale organizzazione mafiosa affinchè non venisse più preso di mira. Di Giovanna ha aggiunto, in aula, di avere ricevuto, presso la sua abitazione, dopo la consegna del denaro, la visita di Ragusa che escludeva ogni suo coinvolgimento nella vicenda.
Con la condanna di Lorefice in Appello viene meno la denuncia per falsa testimonianza nei confronti di Peppino Di Giovanna. In primo grado, il collegio giudicante disopose l’assoluzione di Lorefice, ma dispose anche l’invio degli atti alla Procura ipotizzando il reato di falsa testimonianza da parte dell’ingegnere Di Giovanna.