La durata della sua carica, in termini percentuali, è simile a quella del consenso ottenuto: 52%

La sua sindacatura è durata in termini percentuali quasi quanto al consenso ricevuto. Trentadue mesi sono pari al 53% dell’intera sindacatura, mentre il consenso ricevuto al primo turno è stato del 52%. I numeri, a volte, sono asettici, ma rivelano anche sottigliezze paradossali.

Vito Bono vince le elezioni nel giugno del 2009 a primo turno. La sua è una coalizione messa su da 5 liste civiche e dall’Mpa. Il partito del Presidente della Regione rompe la precedente alleanza col Pdl e converge i suoi voti sull’indipendente Vito Bono. Il neo sindaco vara una giunta “tecnica”, non politica. Del resto, la sua vittoria è stata caratterizzata dalle liste civiche. Anche il Pd è “costretto” a lasciare in cantina il simbolo è a concorrere con un simbolo diverso. Ma la giunta Bono stenta a partire e la squadra iniziale cambia dopo poco. Tre assessori vengono sostituiti.

Poi, la svolta. A fine 2010, la giunta Bono assume la connotazione della formazione politica, entrano gli assessori “politici” Fabio Leonte e Michele Ferrara. Si forma il gruppo consiliare del Pd, e poi, via via, si costituiscono quelli del Fli e dell’Api. L’amministrazione guidata da Vito Bono si è subito trovata a fronteggiare emergenze di vario tipo. Frana di piazza Libertà, chiusura del viadottto Cansalamone, la vicenda della scuola elementare di via Brigadiere Nastasi, l’impossibilità di organizzare il carnevale per mancanza di fondi, lo sforamento del patto di stabilità.

Non solo, Vito Bono ha dovuto fronteggiare attacchi per via del pagamento di 700 mila euro, quale risarcimento danni, alla ditta Bollara il cui titolare è il suocero. Uno dei primi atti che il Consiglio comunale ha esitato, ma spinto da un atto di ingiunzione che si stava tramutando in pignoramento di beni comunali. Poi la maggioranza che sorregge Vito Bono entra nel pieno di fibrillazioni che non hanno mai fine. Si svolgono numerose riunioni di maggioranza, verifiche che non trovano mai una definizione. La maggioranza chiede più collegialità nella gestione. Si pensa ad una “cabina di regia” che abbia il compito di mettere in sinergia le forze della giunta con i consiglieri comunali della maggioranza. Questo rimarrà solo un progetto, mai diventato cantiere.

Il sindaco sembra marciare da solo, assumendo decisioni senza che siano concordate con i partiti della maggioranza, che si sente sempre più isolata. Cominciano le critiche dei partiti alleati. Critiche che man mano diventano interventi paralleli a quelli dell’opposizione. Nei giorni recenti scoppia il caso dell’incompatibilità tra la carica di sindaco e l’esercizio della sua professione di medico convenzionato. Prolifera una fitta corrispondenza tra il suo Gabinetto e la Regione. Corrispondenza della quale la maggioranza dice di sconoscere. Vito Bono non partecipa più alle sedute del Consiglio comunale. Dove viene richiesto un suo intervento per chiarire la sua posizione. E’ la maggioranza stessa che sprona il sindaco con un documento nel quale c’è anche “l’onta” della firma di Pippo Turco, acerrimo nemico del sindaco.

Il “progetto Vito Bono” si infrange venerdì 3 febbraio 2012. Dopo la processione della Madonna del Soccorso, in onore alla liberazione della peste che colpì la città termale nel 1626. Un progetto che nella realtà dei fatti non fu mai un collante per la maggioranza. Troppa la differenza, troppe le diffidenze. Un progetto che ha mostrato lacune insanabili e che porta refluenze ancora più indecifrabili nell’opinione pubblica costretta a sorbire uno spettacolo politico certamente poco edificante.

Adesso sta alla politica curare le profonde ferite. Se è capace di sanare un rapporto con l’elettorato assai compromesso deve dimostrarlo con i fatti. Insomma, la classe politica saccense deve edificare quella P maiuscola con uomini e programmi credibili.

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