MENFITANO CHIEDE 516 MILA EURO PER INGIUSTA DETENZIONE
Era stato accusato di trasportare una pistola da Palermo a Menfi
Giacomo Corso, di Menfi, detenuto in stato di custodia cautelare per oltre 1 anno e mezzo, è stato definitivamente assolto dalle accuse imputatigli. Tramite il suo difensore, l’avvocato Roberto Cannata, ha presentato istanza alla Corte di Appello di Palermo, sezione promiscua, al fine di ottenere la riparazione per l’ingiusta detenzione patita.
Giacomo Corso , soggetto incensurato, era stato accusato di avere trasportato il pomeriggio del 14 Maggio 2008, mentre si trovava in compagnia della propria fidanzata, Manuela Pecorella, una pistola da Palermo a Menfi e di essersene disfatto lungo la strada statale 624 non appena i Carabinieri lo avevano fermato intimandogli l’alt. “Nonostante i proclami di innocenza- dichiara l’avvocato Roberto Cannata- e la indubbia ed inconfutabile circostanza del mancato rinvenimento di alcuna arma in possesso del Corso e nei pressi del luogo ove i Carabinieri lo avevano fermato il pomeriggio del 14 maggio 2008, Corso, che aveva scelto di essere giudicato con le forme del rito abbreviato, in primo grado era stato condannato dal Gup del Tribunale di Sciacca, Cinzia Alcamo ad una pena di anni 4 e mesi 2 di reclusione. La Corte di Appello di Palermo, sezione terza penale, presieduta dal Dott. Camerata Scovazza, ha però stravolto la decisione emessa dal Primo Giudice, assolvendo il Corso dalle accuse mosse con la formula più ampia e liberatoria “perché il fatto non sussiste”.
“L’intervenuta assoluzione , ormai avente il carattere della definitività – dichiara lo’avvocato Cannata – non è però bastata a saziare la sete di giustizia del cittadino menfitano che, oltre all’onta di subire un processo penale, dal 22 Maggio 2008, data della notifica dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Sciacca, sino al 21 Dicembre 2009, data dell’emissione della sentenza della Corte di Appello di Palermo, si è trovato costretto a patire la “carcerazione preventiva”nella forma più dura, cioè all’interno delle mura carcerarie. A nulla, peraltro, erano servite le numerose istanze liberazione avanzate dalla difesa. Ed è proprio per ottenere il risarcimento dei danni patiti in conseguenza di quello che, oggi, può serenamente essere definito come uno dei tanti casi di errori giudiziari che il difensore del Corso ha chiesto che lo Stato provveda a liquidare al proprio assistito la massima somma consentita dalla Legge, pari ad euro 516.000,00”.
Secondo il difensore, “la lunga e ingiusta detenzione patita dal Corso” avrebbe arrecato allo stesso gravissimi danni non soltanto patrimoniali, ma anche danni morali ed esistenziali. Il Corso lamenta anche di avere subito importanti danni d’immagine dal momento che sia la notizia del suo arresto che quella dell’intervenuta condanna in primo grado erano state divulgate mediaticamente e che, pertanto, lo stesso, comune imprenditore agricolo sino alla data del 22 maggio 2008, “si è visto inopinatamente strappato- continua l’avvocato Cannata- all’anonimato degli onesti.
Bisognerà adesso attendere la decisione della Corte di Appello di Palermo , Sezione promiscua, per conoscere l’esito della vicenda. Secondo l’avvocato Cannata, la vicenda “dà uno spunto per riflettere sul tema, in realtà poco dibattuto, dei costi che lo Stato è costretto a sopportare per gli errori giudiziari. Nessun risarcimento spetterà, in ogni caso, alla fidanzata del Corso, difesa dall’Avv,Giuliana Rodi, che, pur costretta a subire un processo penale per il reato di favoreggiamento personale in relazione alla vicenda in esame ed ancora in attesa di giudizio, è sempre rimasta libera.