GIORNALISMO, STORICA SENTENZA: ANCHE AI PUBBLICISTI, AL PARI DEI PROFESSIONISTI, E’ RICONOSCIUTO IL DIRITTO DI OPPORRE IL SEGRETO PROFESSIONALE SULLE FONTI
“È una sentenza storica, saldamente ancorata alla giurisprudenza costituzionale ed anche ai principi del diritto comunitario: è destinata certamente a fare giurisprudenza a livello nazionale”. Grande la soddisfazione espressa dall’avvocato Salvatore Timpanaro – che ha assistito, anche su richiesta dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, il giornalista José Trovato – per la decisione della Corte di Appello di Caltanissetta che ha riconosciuto anche ai pubblicisti il diritto di opporre il segreto professionale sulle fonti.
La vicenda scaturisce dalla pubblicazione, da parte di Trovato sul Giornale di Sicilia e di Giulia Martorana su La Sicilia, di una notizia relativa a un delitto avvenuto nel 2007. Un anno dopo i cronisti riferivano dell’avvenuta identificazione del cadavere carbonizzato e delle indagini in corso. Richiesti di rivelare le loro fonti, si erano avvalsi del segreto professionale, a loro non riconosciuto: da qui la denuncia per favoreggiamento.
“A margine dell’omicidio Governale – ricostruisce Timpanaro – furono pubblicate nel 2009 notizie di stampa che gli inquirenti ritennero essere coperte dal segreto d’indagine ed essere state fornite illegalmente ai due giornalisti da un ignoto funzionario o ufficiale di pg mai identificato. Fu contestato, quindi, ai due giornalisti il delitto di favoreggiamento personale per essersi, ‘in qualità di giornalisti pubblicisti e, pertanto, non esonerati ai sensi dell’art. 200 comma 3 c.p.p.’, rifiutati di rivelare, alla polizia giudiziaria e al pm ‘le fonti delle notizie di carattere fiduciario ricevute’ pubblicate rispettivamente su due quotidiani: il Giornale di Sicilia e La Sicilia.
In tal modo, secondo l’ipotesi accusatoria, i due cronisti avrebbero aiutato gli autori della rivelazione del segreto di ufficio ad eludere le investigazioni dell’autorità, così commettendo il delitto di favoreggiamento”. Mentre l’ipotesi accusatoria era esclusivamente incentrata sul rifiuto, ritenuto illecito e tale da configurare il delitto di favoreggiamento, di rivelare la fonte confidenziale, sul presupposto dell’obbligo giuridico di rivelarlo, poiché soltanto ai giornalisti professionisti, secondo una interpretazione letterale, competeva la facoltà di opporre il segreto delle fonti e non anche ai giornalisti pubblicisti, come i due cronisti incriminati, la tesi difensiva, invece, sosteneva il contrario.
“In difesa del mio assistito – prosegue Timpanaro- sollevai avanti il Tribunale di Enna – con un’articolatissima memoria e nel corso di un’udienza fiume nella quale intervennero per solidarietà con gli imputati i vertici dell’Ordine Regionale dei Giornalisti e dell’Assostampa – la questione di legittimità costituzione, sostenendo che la norma dell’articolo 200 del codice di procedura penale fosse incostituzionale nella parte in cui, prevedendo il segreto professionale in favore dei ‘giornalisti professionisti iscritti nell’albo professionale’, i quali non possono essere obbligati a deporre ‘relativamente ai nomi delle persone dalle quali i medesimi hanno avuto notizie di carattere fiduciario nell’esercizio della loro professione’, irragionevolmente esclude i giornalisti pubblicisti”.
“L’eccezione di incostituzionalità fu sollevata sotto diversi profili: in primo luogo per violazione dell’articolo 3 della Costituzione (principio di uguaglianza) Con irragionevole disparità di trattamento la norma esclude, infatti, dalla facoltà di opporre il segreto professionale circa le fonti confidenziali i giornalisti pubblicisti, professionisti iscritti nel medesimo albo, ancorché in un diverso elenco. Del resto l’esigenza di protezione delle fonti giornalistiche (profilo sostanziale rilevantissimo della libertà di stampa) è a maggior ragione essenziale e fondamentale per il pubblicista, piuttosto che per il giornalista cosiddetto professionista. È infatti, il pubblicista – in pratica il “cronista” – ad essere presente sul campo, alla ricerca delle notizie per informare il pubblico, aspetto basilare ed insostituibile della democrazia. Denunciai la violazione dell’articolo 21 della Costituzione (Libertà di stampa) essendo la protezione assoluta delle fonti giornalistiche momento essenziale della libertà di ricevere le notizie e funzionale alla libertà di darle”.
Una sentenza, quella della Corte di Appello di Caltanissetta che ora estende un diritto giuridico anche ai giornalisti pubblicisti: “Mentre il Tribunale di Enna in primo grado assolse i giornalisti per un profilo di carattere procedurale, senza entrare nel merito, la Corte di Appello di Caltanissetta, presieduta dalla Andreina Occhipinti, peraltro estensore della pregevole sentenza, rigettando l’appello del Procuratore generale ed accogliendo in pieno la nostra tesi giuridica, ha affermato un principio di diritto importantissimo e cioè che anche ai giornalisti pubblicisti – che in pratica sono i cronisti che operano sul campo – compete, in via di interpretazione estensiva ed evolutiva, il diritto di opporre il segreto professionale sulle fonti giornalistiche, che è condizione essenziale della libertà di stampa” conclude.