Si è insediata stamane la nuova Procuratrice della Repubblica di Sciacca, Maria Teresa Maligno

Ha 56 anni ed è agrigentina, proviene dalla Procura generale di Palermo, e ha preso il posto di Roberta Buzzolani

SCIACCA- “Quella di Sciacca è un procura ben organizzata”, ha detto questa mattina la nuova Procuratrice a capo della Repubblica di Sciacca durante la cerimonia di insediamento. Una cerimonia alla quale erano presenti le massine autorità della magistratura del Disterro di Palermo, delle Forze dell’Ordine, dell’avvocatura. Tre i cardini su cui la nuova procuratrice intende svolgere il suo ruolo: tutela dell’ambiente, legalità e buon uso della spesa pubblica. Visibilmente emozionata, la nuova Procuratrice, pur consapevole della piccola realtà del presidio saccense, ha sottolineato l’importanze del medesimo per la sua collocazione geografica a cavallo tra due aree, quella trapanese e agrigentina, dove la presenza della mafia è ancora una realtà attiva e da combattere. “Indipendenza e imparzialità sono valori su cui poggia la mia azione, consapevole che il ruolo del magistrato non è quello di esercitare un potere ma un servizio ai cittadini che si rivolgono alla Procura”. Ha anche sottolineato che “questo è un territorio dove vi sono cittadini che operano nel rispetto della legalità”, ma ha anche sottolineato che esiste una criminalità organizzata di stampo mafioso che alimenta una cultura orientata al clientelismo, al favoritismo, a ostacolare la libera concorrenza, alla diffusione del mercato della droga, ai reati contro il patrimonio da cui ricava illeciti profitti”. La Procuratrice Maria Teresa Maligno ha anche citato la recente indagine da parte della Procura Distrettuale Antimafia di Palermo che riguarda “le commistioni tra criminalità mafiosa e politica”. Maligno ha battuto la concorrenza del collega Gianluca De Leo: anche lui aveva presentato domanda per la stessa carica al vertice della procura saccense. Già magistrato della Dda, Maria Teresa Maligno è stata anche sostituto procuratore generale presso la Corte d’appello di Palermo, rappresentando l’accusa in numerosi procedimenti contro le cosche agrigentine.