Elezione ex provincia di Agrigento: il centrodestra si divide, il “campo largo” alla deriva

Nessuna intesa dal tavolo politico del centrodestra a Palermo. Il Pd non ha un candidato e rischia di concorrere senza simbolo
AGRIGENTO- In terra pirandelliana non possono mancare i retroscena che spesso si trasformano in farse. Il sette aprile scade il termine per la presentazione delle liste per le elezioni di secondo livello. Per essere chiari, si torna al Gattopardo, quando le aule della politica aveva accesso solo per l’aristocrazia. Alle imminenti votazione per il presidente della Provincia e del Consiglio provinciale votano soltanto sindaci e consiglieri comunali. Niente volontà popolare che viene mortificata. Una ulteriore spinta a far allontanare sempre più la gente dalla politica. Il centrodestra arriva all’appuntamento spaccato, nonostante l’invito duplice del deputato Carmelo Pace a trovare una intesa di unità capace di convergere i voti su un candidato condiviso. Ma nell’ultima riunione del tavolo traballante del centrodestra, avvenuta a Palermo ieri, è emersa solo una divisione tra le varie componenti. Il tavolo politico doveva trovare una intesa che avesse il ventaglio aperto su tutte le province siciliane. Ma così non è stato. In provincia di Agrigento, in particolare, emerge chiaramente una netta contraddizione tra il gruppo di Fratelli d’Italia, Dc, Lega e Noi Moderati, da una parte, mentre dall’altra convergono Forza Italia e Mpa dei deputati Gallo e Di Mauro. Ci sarebbero, in buona sostanza due candidati del centrodestra. In provincia di Agrigento manca l’acqua ma abbonda l’abbondanza della politica farsesca. Oggi il centrodestra unito avrebbe la vittoria certa con una percentuale bulgara. Ma perché rendere le cose facili quando possono complicarsi? Ma se Atene piange, Sparta non ride. Nel centrosinistra ci sarebbe mare mosso e quel campo largo tanto esaltato e invocato, diventerebbe una sorta di giardinetto domestico, dove piantare qualche fava al massimo. Se il M5 Stelle ha difficoltà a chiudere una lista, il Pd soffre di una forte divisione interna tra le componenti che fanno riferimento all’area della segretaria nazionale Schlein con quelli dell’area del presidente Bonaccini-Orsini. Corre voce che la componente agrigentina bonacciniana non si stia svenando per formare una lista col simbolo del Pd. L’area bonacciniana, il cui riferimento massimo in provincia è il deputato saccense Michele Catanzaro, che è capogruppo all’Ars del Pd, non sembra si stia facendo in quattro per coltivare il campo largo. Anzi, parrebbe che tale campo sia destinato ad una divisione in particelle che, tutto sommato, rispecchia la forte lite del Pd siciliano. Vedasi le farse palermitane in vista del congresso siciliano. Il Pd arriva alle elezioni per l’ex provincia con le dimissioni del segretario provinciale Simone Di Paola, vicinissimo all’onorevole Catanzaro. A questo punto si fanno insistenti le voci di uno sguardo dello stesso deputato ad una formazione sotto l’egida di lista civica. E voci autorevoli indicherebbero anche una sorta di attrazione di tale maturanda lista civica che guarderebbe con benevolenza ad un appoggio al candidato del centrodestra sotto l’egida del duo Gallo-Di Mauro. Se fosse così, e lo vedremo tra qualche giorno, la farsa in provincia di Agrigento sarebbe l’elemento dominate che caratterizza la politica. Una politica senza ritegno e che tiene a debita distanza le attese dei cittadini che vivono senza soluzione di continuità una lunga storia di sottosviluppo con mancanza di infrastrutture, acqua, occupazione. E l’emblema della pochezza della politica che si riverbera anche sul flop che ormai si tocca con mano: l’occasione perduta di Agrigento capitale italiana 2025 della Cultura.