Mattarella visto da vicino: la sua cultura, la sua saggezza
Nei giorni scorsi l’onorevole Calogero Pumilia è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un incontro tra due amici di lunga data. Nell’articolo di Calogero Pumilia scopriamo le sensazioni
DI CALOGERO PUMILIA– Sai di arrivare in un palazzo nel quale per secoli la storia è passata segnando le vicende religiose del mondo e, dal 1870, quelle politiche d’Italia. Sei al Quirinale, e vieni accolto dalla rigida imponenza dei corazzieri, dall’austera eleganza dei funzionari che ti guidano lungo i saloni e i corridoi. Resti sorpreso dalla maestosa solennità dei luoghi che attraversi e che trasmettono una inevitabile suggestione anche a chi ha qualche abitudine a stare nelle sedi delle istituzioni e del potere. Attendi il presidente della Repubblica e immagini di vederlo con la consueta apparente timidezza, con la sobrietà dei gesti, quasi con la ritrosia al rapporto con gli altri. Scopri invece che ti accoglie con un largo sorriso, a braccia aperte, con evidente calore. È stato così, un incontro cordiale, come tra amici che si ritrovano dopo parecchio tempo, cancellando per un momento la diversa, incomponibile dimensione dei ruoli. Si sono riannodati i fili di un rapporto rimasto inalterato da un lontano passato di comune militanza politica, di condivisione di cultura e valori con le medesime radici. Gli ho voluto manifestare di presenza la solidarietà per quanto costantemente egli fa a tutela e a difesa delle istituzioni democratiche. Abbiamo rivangato antichi ricordi, ci siamo soffermati a rievocare il momento nel quale, dopo la tragica fine di Piersanti, con molta comprensibile riluttanza Sergio accettò di proseguire lungo la strada tracciata dal fratello. Mi è piaciuto riportare alla memoria il ruolo che in quella circostanza, insieme ad altri, ho avuto, per aiutarlo a superare la resistenza opposta. Non abbiamo fatto solo il ripasso di ciò che è avvenuto, come capita spesso a uomini della nostra età. Abbiamo parlato anche del presente ed in particolare di quello della nostra terra che, come è ovvio, il presidente conosce molto bene. Ne ha avuto, del resto, un riscontro nella recente visita ad Agrigento per l’inaugurazione dell’anno della cultura. Lì ha potuto constatare il rischio di sciupare una irripetibile opportunità, per la propensione allo scontro, alle sterili polemiche, alle banali lotte di potere. «La cultura non ha lo sguardo rivolto all’indietro» ma deve costruire il futuro, egli ha ribadito in quella circostanza, ancora una volta con i suoi toni pacati, rispettosi, colti, quasi desueti, lontanissimi da quelli urlati, a volte perfino volgari, che risultano sempre più frequenti in Italia e altrove.
Il presidente conosce il ruolo che ho svolto fino a qualche settimana fa per una istituzione d’arte contemporanea e le ragioni che mi hanno indotto a lasciarlo. Anche per questo ha tenuto a ricordare il suo impegno per arricchire i saloni del Quirinale di espressioni dell’arte contemporanea. Dal 2019, in forma di donazioni e di prestiti, accanto alle opere classiche sono esposte quelle, cito solo alcuni nomi, di Carla Accardi, di Alighiero Boetti, di Alberto Burri, di Pietro Consagra, di Renato Guttuso, di Emilio Isgrò, di Arnaldo Pomodoro, di Nanda Vigo e di Paolo Portoghesi. Tutti nomi a me familiari. Durante la conversazione mi è piaciuto tornare al valore di un gesto da lui compiuto in una scuola di Palermo nello stesso giorno nel quale Trump si insediava alla Casa Bianca. Mentre il nuovo presidente degli Stati Uniti, con toni perfino truculenti, certo minacciosi, davanti ad alcuni dei personaggi più ricchi del mondo e con il plauso entusiasta della nostra presidente del Consiglio, annunziava di voler cacciare dal suo Paese – il Paese degli immigrati – centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini che lì hanno cercato riparo dalla fame e dalle persecuzioni, egli, Mattarella, con il sorriso e i gesti amorevoli, con una naturale minore eco mediatica ma con un forte valore simbolico, ha voluto quasi risarcire alcuni ragazzi dalle ripetute aggressioni verbali e non solo subite a causa della loro provenienza. Due mondi diversi, una differenza molto marcata nel concepire la guida delle comunità. Da un lato la brutalità del comando, la forza della ricchezza, l’insidia del razzismo, dall’altro la volontà e l’attitudine a prendersi cura di tutti e in particolare di quanti ne hanno maggior bisogno. L’incontro con il presidente della Repubblica mi ha certo inorgoglito ma principalmente mi ha offerto l’opportunità di ritrovare un uomo, un amico sul quale il potere e la rilevanza del ruolo per molti anni esercitati non hanno lasciato alcuna traccia dell’arroganza e della protervia.