Torre Macauda, bancarotta e riciclaggio: sei misure interdittive. Sequestro beni per 30mln
La misura cautelare interdittiva è stata notificata da Finanzieri del nucleo di Polizia economico-finanziaria di Palermo e della compagnia di Sciacca a sei indagati. La misura dispone il divieto di esercitare attività imprenditoriali e professionali ovvero di ricoprire uffici direttivi di persone giuridiche o imprese
SCIACCA- I reati ipotizzati dagli inquirenti, a vario titolo, sono associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione e tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Con lo stesso provvedimento il gip ha disposto il sequestro di beni per complessivi 30 milioni circa di euro tra disponibilità finanziarie e tre società del settore immobiliare, due delle quali proprietarie della struttura turistico-alberghiera “Torre Macauda”, di Sciacca, in provincia di Agrigento.
Le indagini della Guardia di finanza avrebbero accertato operazioni finanziarie finalizzate alla distrazione di ingenti disponibilità delle società che nel tempo avevano detenuto la proprietà del complesso alberghiero, sino a causarne il dissesto e il successivo fallimento. Secondo l’accusa, “con un articolato schema di riciclaggio, che sarebbe stato concordato tra gli imprenditori indagati e dirigenti e consulenti di un istituto di credito nazionale, gli indagati avrebbero riacquisito la stessa struttura ricettiva che, nel frattempo, era stata messa in vendita mediante asta esecutiva”.
Gli indagati sono in tutto 11 e sotto inchiesta ci sono anche 4 società: Libertà Immobiliare srl con sede a Palermo, Crm Servizi srl con sede sempre a Palermo, Ds srl con sede a Venezia e l’Unicredit. I destinatari dell’interdittiva sono: Luigi Vantaggiato, nato a Foggia; l’imprenditore palermitano Maurizio Lupo; Francesco Donà Dalle Rose, nato a Roma; Fabrizio Morabito, nato a Trapani, consulente legale dell’Unicredit; Francesco Corvelli, nato a Foggia e Anna Maria Lo Muzio, anche lei di Foggia.
In una prima fase sarebbe stato acquisito un credito, per circa 28 milioni di euro, vantato dalla banca nei confronti del gruppo imprenditoriale proprietario del complesso turistico, a fronte del pagamento di soli 4 milioni di euro, utilizzando fondi sottratti alle società fallite. In una seconda fase, la struttura ricettiva sarebbe stata riacquistata, in sede di asta esecutiva, a fronte di un’offerta di circa 8 milioni di euro che il soggetto giuridico aggiudicatario, sempre riconducibile allo stesso gruppo imprenditoriale, non avrebbe interamente pagato alla banca. In quest’ultimo caso, ritiene la Procura, “sarebbe stato determinante il ruolo di importanti dirigenti bancari che avrebbero falsamente attestato l’avvenuto pagamento nella dichiarazione di quietanza necessaria all’emissione, da parte del giudice dell’esecuzione, del “decreto di trasferimento” del complesso turistico”