Il governo regionale chiede al governo nazionale le navi delle Forze armate per arginare l’emergenza siccità
SICILIA- Nella richiesta di stato d’emergenza avanzata dalla giunta di Renato Schifani al governo Meloni, c’è anche la domanda di utilizzo immediato delle navi cisterna e di quelle con funzioni di dissalatori per riempire gli invasi siciliani, drammaticamente a secco. «La Regione non riesce ad arginare l’emergenza con mezzi e risorse proprie – è quanto filtra dalla Protezione civile siciliana – e quindi chiede a Roma tutto l’aiuto possibile, incluse le navi per il trasporto dell’acqua, quelle per dissalare l’acqua marina, gli impianti di dissalazione mobili».
In Sicilia c’è una «esigua disponibilità di acqua negli invasi della Regione e nelle falde idriche».Tra gli interventi necessari, la Sicilia individua un fondo da 20 milioni di euro indispensabile nell’immediato per i dissalatori mobili, dei container con impianti che dissalano fino a 20 litri di acqua al secondo, e delle navi con moduli dissalatori, chiedendo lo stato di mobilitazione nazionale, o in alternativa il ricorso ai privati. In soldoni, la Regione chiede al governo Meloni di attivare le procedure (lo stato di mobilitazione nazionale) prima ancora che la burocrazia faccia il suo corso per attivare il vero e proprio stato d’emergenza.
A marzo 2024 si registra il 50% in meno di risorse nelle dighe dell’Isola rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Di questo passo, il rischio è di non arrivare all’estate.
«Appare necessario – scrive il capo della protezione civile regionale, Salvo Cocina, nella richiesta approvata in giunta e trasmessa a Palazzo Chigi – l’intervento dello Stato per il reperimento, sul territorio nazionale e fuori, e la pronta attivazione di risorse, prioritariamente quelli di enti pubblici e delle forze armate, (autocisterne, navi cisterna, impianti mobili dissalatori) per garantire nel brevissimo periodo una fornitura idropotabile, sia pur in quantità ridotte, alle utenze a maggior crisi». La ragione la spiega il capo dell’Autorità regionale di bacino, Leonardo Santoro, nella sua relazione a Schifani: «Si ritiene impossibile, ad oggi, fronteggiare con i soli mezzi e poteri regionali tutte le ulteriori misure straordinarie necessarie».
In Sicilia ci sono tre dissalatori in disuso da oltre 20 anni, che adesso la Regione ha intenzione di riattivare: sono gli impianti di Gela (Caltanissetta), Porto Empedocle (Agrigento) e Trapani. Ma la stima dei tecnici è che occorreranno almeno dieci mesi prima di rimetterli in funzione e un investimento da 50 milioni di euro nell’immediato e altrettante risorse nel medio periodo per il rifacimento delle reti di collegamento. Complessivamente, la giunta Schifani stima un impegno di 590 milioni di euro per riuscire a uscire dalla crisi idrica.