Ancora un colpo alla rete di fiancheggiatori di Messina Denaro: arrestati un radiologo e un architetto
MAZARA DEL VALLO- Stanotte, è scattato un nuovo blitz dei carabinieri del Ros, coordinato dalla procura di Palermo diretta da Maurizio de Lucia: sono tre gli arrestati, che vengono ritenuti complici del boss fermato il 16 gennaio 2023 dopo trent’anni di latitanza e poi morto in carcere il 25 settembre scorso.
Dunque, pizzini e telefoni sequestrati il giorno della cattura di Matteo Messina Denaro continuano ad essere preziosa fonte per decifrare i segreti dell’ultimo padrino delle stragi. Da un appunto su un’auto, magistrati e investigatori sono risaliti a un insospettabile architetto originario di Erice (Trapani), Massimo Gentile, 51 anni, dal 2019 è dipendente del Comune di Limbiate (Monza), dove svolge il delicato incarico di responsabile dei procedimenti del servizio Lavori pubblici. Adesso, è in carcere, con l’accusa pesante di associazione mafiosa, per aver fornito la sua carta d’identità al latitante. Prima di essere “Andrea Bonafede”, Messina Denaro era “Massimo Gentile”.
In carcere, con il reato di associazione mafiosa, anche anche il cognato dell’architetto, Cosimo Leone, 56 anni, residente a Campobello, tecnico di radiologia all’ospedale Ajello di Mazara del Vallo, lui avrebbe realizzato la prima Tac a Messina Denaro nel 2020, quando il boss scoprì di avere il tumore.
L’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Alfredo Montalto, su richiesta del procuratore Maurizio de Lucia, dell’aggiunto Paolo Guido, dei sostituti Gianluca De Leo e Pierangelo Padova porta in carcere anche Leonardo Salvatore Gulotta, operaio del settore agricolo di 31 anni, pure lui residente a Campobello: è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, avrebbe fornito la sua utenza telefonica al boss.
All’architetto Massimo Gentile la procura di Palermo contesta di avere fornito la sua carta d’identità al superlatitante dal 2007 al 2017. Così, Messina Denaro sarebbe riuscito a muoversi indisturbato a Campobello di Mazara, dove ha continuato a vivere fino al giorno della cattura. Comprando addirittura una Fiat 500 (nel 2014) intestata a Gentile. Il complice del boss, invece, ha finito per gestire diversi appalti del Comune di Limbiate realizzati con i fondi del Pnrr, come lui stesso si vanta sul suo profilo Facebook. Un’indagine certosina ha recuperato i documenti di acquisto e le assicurazioni dell’auto e di una moto Bmw, anche questa intestata a Gentile dal 2007. Alla concessionaria di Palermo dove fu ritirata la vettura, nel novembre del 2014, è spuntata la fotocopia della carta d’identità di Gentile con la foto di Messina Denaro. Quella volta, il boss versò 1000 euro in contanti e 9.000 con un assegno circolare emesso da una filiale di Palermo, in corso Calatafimi, dove il latitante era andato senza problemi: nella richiesta di assegno c’è una firma a nome Massimo Gentile, ma la scrittura è quella di Messina Denaro. Dunque, nei giorni in cui scattavano i blitz in provincia di Trapani per cercarlo, lui girava tranquillamente per Palermo.
Il tecnico radiologo Cosimo Leone, che fece la Tac a Matteo Messina Denaro, si fece spostare il turno – dal pomeriggio al mattino – per essere presentare alla Tac del boss. Intanto, era in contatto con Andrea Bonafede classe 1969, fidato factotum. Il 13 novembre, Messina Denaro fu operato. Il giorno dopo, Bonafede attivò un’altra utenza, che poi il tecnico radiologo consegnò al boss in corsia. Il 18, le dimissioni dall’ospedale e il ritorno a Campobello. Il 9 dicembre, la visita oncologica, all’ospedale Sant’Antonino Abate di Trapani, fatta dal primario Filippo Zerilli, che dopo la cattura di Messina Denaro è stato indagato, i carabinieri hanno pure sequestrato documentazione nel suo reparto, poi non ci sono state altre iniziative giudiziarie, il medico nega di avere mai saputo che quel paziente fosse Messina Denaro.