Sciacca scende in piazza mentre Schifani (come Musumeci) si espone e fa promesse difficili da mantenere
SCIACCA. “Una manovra azzardata”: così viene da più parti definita la dichiarazione fatta tre giorni fa dal Presidente della Regione Siciliana Renato Schifani ad una specifica domanda sul futuro delle terme di Sciacca e Acireale. “Entro questa legislatura le riapriremo” ha detto il governatore ad Agrigento, a pochi chilometri dalla città dove da settimane si sta preparando una imponente manifestazione popolare per sollecitare una più incisiva azione del governo regionale per riaprire stabilimenti cure e strutture alberghiere, chiusi dal marzo del 2015.
Nel 2017, all’atto del suo insediamento, anche Nello Musumeci disse che entro la fine del suo mandato avrebbe riaperto i due stabilimenti termali, ma non riuscì a districarsi nel groviglio di burocrazia che da anni avvolge un ricchissimo patrimonio che oggi, dopo anni di chiusura, è in stato di gravissimo degrado.
A Sciacca, dove domani, in occasione del nono anniversario della chiusura, ci sarà un corteo che coinvolge anche i Comuni dell’hinterland, la promessa del governatore non ha creato particolare entusiasmo. Ci sta che il presidente della Regione, da poco rientrato nell’isola e in parte ignaro di quanto accaduto prima di lui, ritenga “assurda” la storia che avvolge le due grandi strutture termali pubbliche e “inconcepibile” che siano chiuse, ma lo stato dell’arte al momento non consente di immaginare una riapertura entro i prossimi tre anni, alla luce delle condizioni infrastrutturali del patrimonio.
Da queste parti alla politica regionale continua ad essere attribuita tutta la responsabilità di non avere predisposto nei tempi dovuti un progetto di rilancio delle strutture termali, usate solo come “bancomat elettorale”.
Se è vero che la improvvisa chiusura venne disposta dal governo di Rosario Crocetta perchè la Regione Siciliana già da diversi anni non riusciva a garantire un contributo per il pareggio di bilancio delle due Aziende Autonome di Sciacca e Acireale, è anche vero che né quel governo di centrosinistra, né i due successivi governi di centrodestra, sono riusciti a predisporre un programma di rilancio e riorganizzazione, nel rispetto della legge del 1999 con cui la stessa Regione di fatto prefigurava un processo di fuoruscita e di privatizzazione. Ma, forse, ci sarebbe stato lo stesso ben poco da fare. Molti esperti sostengono infatti che il più grave errore storico sarebbe stata la decisione, adottata nel 2005 e sempre in una fase iniziale di crisi per via della difficoltà della Regione a ripianare il disavanzo, di chiudere le due Aziende Autonome di Acireale e Sciacca e istituire due società per azioni, servite per distribuire cariche di sottogoverno e costosi incarichi esterni per vari servizi.
Tornando ai giorni nostri, è doveroso ricordare che un tentativo concreto, anche se in parte disperato visto che l’istanza venne presentata in pieno agosto, a pochi giorni dalla scadenza e in seguito a sollecitazioni esterne, il governo Musumeci per le terme di Sciacca e Acireale l’ha fatta. La Regione nell’estate del 2022 ha partecipato ad un bando nazionale di Cassa Depositi e Prestiti rivolto agli immobili di pregio con destinazione ricettiva degli enti pubblici e privati. Si puntava ad intercettare le risorse per riqualificare sia Acireale che Sciacca. La domanda non è stata però valutata corrispondente ai parametri previsti dal bando per gli importi elevati occorrenti. Da quel giorno tutto è rientrato nel limbo.
Il nuovo presidente per gestire il caso terme ha delegato l’assessore all’economia Marco Falcone, il quale nel giugno del 2023 ha detto che c’era la possibilità di partecipare ad un nuovo bando e che bisognava predisporre ulteriore documentazione. Poi più nulla, o quasi. Allo stato attuale, senza un “risanamento burocratico” (le due società per azioni non hanno completato la liquidazione) e una profonda riqualificazione, le prospettive di riapertura di Sciacca e Acireale sono praticamente nulle. E questo nonostante le buone intenzioni di Schifani, il quale si deve convincere che solo una “task force” con funzioni e compiti specifici si può fare chiarezza sulla vicenda e guardare con fiducia al futuro. Nessun imprenditore del settore del benessere sarà mai interessato a gestire le strutture di Acireale e Sciacca nello stato in cui attualmente si trovano. Il mondo dell’associazionismo che da mesi a Sciacca è in piena attività per riportare le terme nell’agenda delle priorità del governo regionale, nel prendere atto delle dichiarazioni del Presidente della Regione, tiene i piedi nel saldi per terra: “L’esperienza – dice il coordinatore Nino Porrello – ci ha insegnato a dar peso sempre e soprattutto ai fatti. Pur riservando la dovuta considerazione alle buone intenzioni espresse con le parole, siamo convinti che diventa ancor più importante la migliore riuscita della mobilitazione civica del 6 marzo”. Toni più collaborativi rispetto ad una precedente protesta, la marcia del giugno 2021 su Palermo organizzata dall’ex sindaco Francesca Valenti, vista all’epoca da Musumeci come “sgarbo istituzionale”.
Se a Sciacca sulle terme c’è una certa vivacità grazie ad una iniziativa civica piuttosto concreta, lo stesso non si può dire ad Acireale. Anche in questo caso l’area termale è in gran parte in stato di abbandono, ma tutto è avvolto nel silenzio. La brutta sensazione, purtroppo, è che sono sempre di meno quelli che si indignano.
Giuseppe Recca
da LA SICILIA