Statuto Agrigento capitale cultura 2025: per Miccichè è perfetto. Per Seddio “manca di architettura giuridica trasparente ed efficace”

AGRIGENTO- Sulla questione dello statuto della Fondazione Agrigento 2025, il sindaco fa muro di gomma e fa rimbalzare tutte le perplessità emerse con la bocciatura del Collegio dei revisori e con la richiesta di modifica da parte della IV Commissione consiliare Bilancio.
Il sindaco è sempre stato “convinto della bontà dello statuto, ho sempre avuto fiducia nel Segretario Generale, nel Dirigente del settore legale, nel Dirigente del settore economico e nei due Notai che si sono occupati dello statuto. Il loro lavoro, il loro  parere favorevole mi hanno sempre confortato e garantito, non ho mai avuto dubbi sulla legittimità dello statuto”.
Il sindaco di Agrigento renderà pubblica, domani, la controdeduzione con “l’invito al Collegio dei Revisori dei Conti, nell’esercizio della funzione assegnatagli dalla legge, a rivedere la posizione assunta con il verbale n.50 del. 28 agosto scorso”.
Al sindaco di Agrigento suggeriamo un pensiero del Manzoni: “E’ men male l’agitarsi nel dubbio, che il riposar nell’errore” (Storia della colonna infame, II)
Non la pensa così il professore Pasquale Seddio, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore
di Milano, presidente dell’Opera Cardinal Ferrari, agrigentino, che ha appoggiato le tre candidature ( con il commissario Giammanco, con il sindaco Firetto e con il sindaco Miccichè) della città di Agrigento
a Capitale italiana della Cultura.
In una intervista rilasciata all’Amico del Popolo, a cura di Marilisa Della Monica, il professor Seddio sostiene che “non mi ha sorpreso l’esito negativo espresso dai revisori, dato lo schema di statuto l’esito era più che prevedibile, professionalmente non avrebbero potuto fare diversamente”.
Leggendo i verbale, Seddio dichiara alla giornalista Marilisa Della Monica che “si evincono in chiaro i nodi più rilevanti contenuti nella bozza così come deliberata dalla Giunta comunale di Agrigento.
Lo schema di statuto presentato non è riuscito- continua Seddio- a rappresentare una architettura
giuridica trasparente ed efficace in grado di valorizzare al meglio l’interesse generale della Città nel rappresentare l’Italia nel 2025”.
Intanto, dalla proclamazione del nostro capoluogo di provincia a Capitale italiana della cultura 2025 sono passati più di cinque mesi ed è tutto fermo. Agrigento dovrebbe dare i sintomi di un cantiere a cielo aperto ma la realtà è rappresentata da screzi tra i soggetti protagonisti della candidatura.
“Nonostante il difficile avvio- dice ancora Seddio- è necessario conservare uno spirito costruttivo che
guarda avanti, anche di fronte a situazioni conflittuali e destabilizzanti. Tutte le città insignite, nel periodo precedente l’anno del titolo hanno vissuto momenti difficili sul piano organizzativo e della gestione. Nell’interesse preminente di Agrigento, che dovrà comunque rappresentare la Cultura italiana nel 2025, è urgente evitare il coagulo di piccoli interessi personali e superare alcune élite ancora ripiegate su sé stesse, iniziando a raccogliere in modo intelligente le volontà e le capacità dei cittadini, degli amministratori e degli operatori nazionali dentro una nuova linea partecipativa, inclusiva e dal basso”.
Agrigento è ferma, tremendamente ferma. Per il professore Seddio , “c’è futuro per Agrigento, solo se
essa risulterà essere importante da subito per quanti frequentano e vivono il territorio, scoprendo e riscoprendo i possibili sistemi di relazione tra il patrimonio culturale con la vita di tutti i giorni. Pulizia, decoro urbano, mobilità, trasporto pubblico e parcheggi, rete idrica e fognaria, rappresentano
già da prima della proclamazione, le priorità su cui lavorare nell’interesse prevalente dei cittadini residenti. Riuscire a presentare una città vivibile, accogliente ed efficiente è importante e tutti (nessuno
escluso) dovranno fattivamente sentirsi impegnati. Solo dopo arriva tutto il resto. Gennaio 2025 è domani mattina”.
Il professore Seddio lancia un chiaro messaggio: “La recente e accesa dialettica istituzionale tra i promotori della iniziativa ha portato a ritardi importanti; ha prodotto uno schema di statuto non condiviso preventivamente da tutti i promotori; non ha previsto già dalla fase di costituzione
della nuova fondazione la inevitabile presenza di procedure pubbliche e la necessità di trasparenza, durante i mesi trascorsi non si è affrontato il tema della necessaria stima di congruità dei costi di
ciascuna delle 44 iniziative culturali delineate nel dossier di candidatura, la programmazione
culturale richiede almeno 18 mesi di anticipo. La sua concreta fase di attuazione è peraltro subordinata
al manifestarsi di una serie di scelte di politiche pubbliche, oltre che finanziarie, di aggiustamenti parziali, di integrazioni necessarie: in questo senso la sua realizzazione continua a rappresentare una “scommessa”.
Ancora un passaggio importante dell’intervista rilasciata all’Amico del Popolo: “Avere coscienza che si tratta di una “scommessa” consente di non sottoscrivere acriticamente il contenuto del dossier di candidatura che, una volta avviato senza essere sottoposto ad adeguati aggiustamenti preventivi e
condizioni di contesto, potrebbe rischiare di essere giudicato nel breve periodo come un insuccesso”.
Filippo Cardinale