Agrigento Capitale della Cultura, le perplessità di Ecua sullo Statuto. Pupari già in azione?
AGRIGENTO- Si sa, la premura è cattiva consigliera. Il sindaco di Agrigento, dopo aver fatto scorrere infruttuosamente quattro mesi per il parto dello statuto della fondazione, che si dovrà occupare di progetti e gestione dei fondi di Agrigento Capitale italiana della cultura, adesso deve fare i conti con un metodo adottato che lascia forti perplessità.
La vicenda, nata bene, subisce una intromissione della politica subito dopo la proclamazione di Agrigento a capitale della cultura 2025. Salire sul carro del vincitore è una pratica amata da chi, senza sforzo, vuole sfruttare la scia di chi, invece, ha pedalato con fatica e sudore. E siccome Agrigento è legata da un cordone ombelicale con la politica, ecco che adesso i pupari sono all’opera per rappresentare la solita farsa che pone la nostra provincia sempre agli ultimi posti delle classifiche socio-economiche.
Lo statuto della fondazione, in buona sostanza, subisce quel subdolo vento della politica che cerca di estendere le mani anche per accontentare amici e amici degli amici. Al di là, ovviamente, dei meriti. L’unico merito riconosciuto dalla nostra politica è quello della “fedeltà” che consiste nell’usare la lingua come per gustare un lecca lecca.
E lo statuto viene messo al vaglio. C’è chi sa leggere tra le righe, c’è chi non sa farlo neanche col supporto di disegnini esemplificativi.
Il Consiglio di Amministrazione del Consorzio Universitario Ecua ha letto attentamente lo statuto e ha deciso di non approvare. Una seduta di approfondimento rinviando ad altra data l’eventuale votazione dello strumento.
Il Consorzio vorrebbe chiarimenti rispetto alla possibilità per la fondazione di affidare in modo diretto i ruoli del project manager e dell’executive manager: queste due figure, dice lo statuto, saranno ricoperte “in fase di costituzione e per il primo triennio sono individuati nelle persone che hanno collaborato attivamente per conto dell’associazione MeNo alla stesura del dossier di candidatura”, quindi Roberto Albergoni e Margherita Orlando.
Ecco già il teatrino in azione. Tutto preconfezionato. Suonino le trombe, si accontentino gli amici. I pupari stringono i fili tra le mani.
Il Cda di Ecua, pare, sarebbe pronto anche a chiedere parere all’autorità anticorruzione, prendendo atto che Anac già in passato si era pronunciato sulle fondazioni che gestiscono fondi pubblici.
Un rapporto, nato in modo sinergico, ma poi infilato in un percorso tortuoso. Un percorso che fa gola alla politica e ai politicanti.
Che la vicenda di Agrigento sia ormai evidentemente posta su binari che faranno rischiare il deragliamento è sotto gli occhi anche del deputato regionale della DC Carmelo Pace, il quale non risente dell’effetto magico della maggioranza che appoggia il sindaco di Agrigento.
“Occorre maggiore chiarezza e trasparenza che sono sinonimi di legalità – dice il capogruppo Dc Carmelo Pace all’Ars -. C’è da chiedersi perchè è stato deciso di inserire come socio fondatore una associazione privata di recente costituzione, ignorando enti pubblici di rilevanza nazionale che avrebbero pieno titolo per ricoprire questo importante ruolo e perchè non si tenga conto del fondamentale di insostituibile ruolo che dovrebbe essere riconosciuto ai sindaci dei Comuni della provincia molti dei quali avevano già aderito con delibera di giunta alla candidatura di Agrigento. Mi auguro che gli organismi istituzionali che saranno chiamati ad approvare il suddetto Statuto possano apportare modifiche e creare, così, le condizioni per poter affrontare anche se con notevole ritardo una sfida di dimensioni europee”.
A questo punto, c’è da augurarsi che le autorità importanti della nostra provincia, quali il Prefetto, punti i riflettori su quanto sta accadendo nel capoluogo. Agrigento rischia di diventare la capitale della farsa. Con la conseguenza che si perde un’occasione più unica che rara.
Fermate la caduta libera del sindaco prima che sia troppo tardi.
Filippo Cardinale