Fuga di notizie, la difesa di Stingo: “Attacco a un ufficiale pluridecorato, nessun reato”
AGRIGENTO- “Non ha rivelato alcuna notizia relativa all’arresto imminente di un maresciallo e anche se lo avesse fatto non avrebbe commesso alcuna violazione perchè avrebbe agito per tutelare il corpo di appartenenza”. Lo ha detto il legale del comandante provinciale dei carabinieri nell’arringa di ieri in replica alla Procura che ha chiesto la condanna un anno e sei mesi di reclusione. “Il colonnello Vittorio Stingo non ha commesso alcun reato, l’accusa di rivelazione di segreto di ufficio e calunnia appare come un attacco personale a un ufficiale pluridecorato che ha dedicato la sua vita all’Arma e che, anche in questa circostanza, ha agito solo nell’esclusivo interesse di tutelarla”, ha rimarcato l’avvocato Salvatore Pennica, difensore del comandante provinciale dei carabinieri.
I magistrati della procura hanno chiesto anche la condanna di altri due ufficiali, Augusto Petrocchi, a capo della Compagnia di Licata, e del capitano Carmelo Caccetta, ex comandante del Nucleo operativo radiomobile della stessa Compagnia. Stingo è accusato pure di calunnia ai danni del collega Antonello Parasaliti, il comandante del Ros di Palermo che ha catturato Matteo Messina Denaro; 8 mesi è la richiesta di pena per Petrocchi e 2 mesi e 20 giorni per Caccetta. Le pene proposte sono ridotte di un terzo per effetto del rito abbreviato.
Due anni fa l’allora procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, adesso a capo dei pm di Roma, comunica – “lecitamente”, come sottolinea l’atto di accusa dei pm agrigentini – a Stingo che il Ros di Palermo aveva in corso un’attività di indagine che coinvolgeva alcuni suoi uomini e, in particolare, alcuni carabinieri della Compagnia di Licata.
Da settembre dello stesso anno e fino al giugno successivo, sempre in maniera legittima, secondo la ricostruzione della procura di Agrigento, un alto ufficiale dell’Anticrimine aggiorna Stingo, evidentemente per ragioni istituzionali, degli sviluppi della vicenda comunicandogli che il militare indagato era il luogotenente Gianfranco Antonuccio, in servizio alla Compagnia di Licata, che da lì a breve fu arrestato con l’accusa di avere chiesto tangenti in cambio di favori e coperture. L’ufficiale lo informò degli sviluppi dell’indagine e della possibilità di una misura cautelare. Stingo “violando i doveri inerenti le funzioni – è l’atto di accusa dei pm – rivela le circostanze al sottoposto capitano Petrocchi al fine di avviare una procedura di trasferimento per incompatibilità ambientale di Antonuccio”.
Secondo il reggente della Procura di Agrigento Vella, Stingo avrebbe messo a rischio l’indagine con la sola finalità di evitare macchie sul suo curriculum ovvero farlo trasferire prima dell’arresto in modo che, al momento del provvedimento, non sarebbe stato alle dipendenze del suo comando. Il suo arresto avrebbe infatti impedito la promozione a generale.
L’avvocato Pennica ha replicato che “non c’è alcuna prova che Stingo abbia diffuso alcuna notizia anche perchè le sue conoscenze erano molto limitate e, in ogni caso, anche se lo avesse fatto si sarebbe limitato a tutelare l’Arma agevolando il suo trasferimento”.
Il 24 maggio sarà l’avvocato Santo Lucia a illustrare la sua arringa in favore di Caccetta.
Petrocchi avrebbe, quindi, riferito a Caccetta e a un altro carabiniere le informazioni apprese da Stingo sempre per le stesse finalità ovvero far trasferire la “mela marcia” della Compagnia. Il tutto, però, “prima che venisse arrestato o fosse nota la sua condizione di indagato”. Anche nel caso di Petrocchi, secondo i magistrati della procura, la finalità sarebbe stata la stessa. “E’ un giovane ufficiale di Accademia al suo primo incarico che vuole evitare macchie”.
Infine Caccetta che mette in guardia un altro carabiniere dicendogli di fare attenzione ad Antonuccio, “da sempre chiacchierato ma mai inquisito” – sottolinea il procuratore.
L’ufficiale viene intercettato “di rimbalzo”, il 15 giugno del 2022, nell’ambito dell’indagine a carico dello stesso Antonuccio. In difesa di Petrocchi è intervenuto anche l’avvocato Daniela Posante, difensore del capitano insieme allo stesso Pennica. “Non ha riferito alcunchè – ha detto – per il semplice motivo che non sapeva nulla e manca qualsiasi prova di questa circostanza”.
Stingo è accusato pure di calunnia ai danni del colonnello Parasaliti. La nuova richiesta di rinvio a giudizio – i due procedimenti sono stati unificati – scaturisce dall’ipotesi di avere mentito ai pm – in occasione dei due interrogatori, insieme al suo legale Salvatore Pennica, con cui si difendeva dall’accusa di rivelazione di segreto di ufficio. In particolare avrebbe negato di avere ricevuto l’informazione istituzionale dell’avvenuto deposito dell’informativa finale a carico di Antonuccio nei cui confronti era stata chiesta una misura cautelare. “Le dichiarazioni rese dal tenente colonnello – ha detto a verbale riferendosi al collega del Ros – non sono vere”: in questo modo, sostiene adesso la procura, lo avrebbe accusato falsamente, sapendolo innocente, del reato di false informazioni a pubblico ministero.