Acquisto Girgenti Acque, doccia fredda del Cda per Aica: “Bisogna versare oltre 12 milioni di euro”
AGRIGENTO- Nemmeno lo scrittore più bravo di libri gialli potrebbe diffondere paura e suspense come la vicenda del fallimento della Girgenti Acque. Appena ieri il clima era di ottimismo per il superamento dello scoglio dell’affitto del ramo di azienda Girgenti Acque. La vicenda sembrava chiusa con l’esborso di circa 600.000 euro da parte di AICA.
Ma oggi arriva la doccia fredda, gelata. Una “spada di Damocle” che graverà sul futuro della gestione del servizio idrico e dei suoi utenti. la spada ha la forma della lettera inviata dal presidente del Cda di Girgenti Acque, l’avvocato Giancarlo Rosato, inviata al giudice delegato del fallimento, ai Curatori del fallimento e al Comitato dei creditori del fallimento. Una lettera datata oggi (in possesso del Corrieredisciacca).
Entra in scena quello che tecnicamente si chiama “valore di subentro”: è il costo degli investimenti sostenuti dalla precedente gestione e non ancora “spalmati” sugli utenti, e quindi “ammortati”. Una somma imponente, quantificata in oltre 12 milioni di euro che adesso passerà in “eredità” al nuovo gestore perché possa essere caricata sui contribuenti. Almeno, su coloro che pagano.
Scrive e avverte il presidente del Cda di Girgenti Acque, l’avvocato Giancarlo Rosato, in merito alle procedure di acquisto del ramo d’azienda della società da parte di Aica, per sottolineare che “in caso di subentro fra gestori non è ipotizzabile una cessione degli asset funzionali facendo ricorso ai tradizionali metodi di valutazione di natura squisitamente aziendalistica; diversamente – stante che il nuovo gestore subentrante è obbligato per legge e per convenzione a versare un valore di rimborso al gestore uscente – tale valore deve necessariamente calcolarsi in modo specifico e secondo i criteri espressamente stabiliti dalla normativa di settore emanata dall’Arera”.
Una stima che è calcolata da società in “almeno 12 milioni”, cui si aggiungono “ulteriori 47 milioni per contenziosi pendenti nei confronti dell’Ente concedente Assemblea Territoriale Idrica”.
Scrive ancora Rosato, “salvo che l’ufficio di curatela valuti di trattare la questione del valore di subentro ricorrendo a separate tecniche e/o procedure di recupero del credito (in specie da l’evidente discrasia tra il valore della annunciata cessione, 680 mila euro, e quelli emergenti dalla rigorosa applicazione della disciplina, 12 milioni, induce a ritenere concreto il pregiudizio per la massa dei creditori nel caso in cui dovessero trovare applicazione metodi di stima e valorizzazione diversi da quelli normativamente previsti per la fattispecie in questione”.
Una comunicazione, dice Rosato, che si inoltra per “puro spirito collaborativo”. In verità, ha l’effetto di un missile con testata nucleare ma anche quello di smorzare gli entusiasmi sul futuro della gestione pubblica del servizio, a tutela dei creditori della società ormai fallita.
Quella del “valore di subentro” non è una questione nuova. Anzi. Se ne parlò praticamente subito dopo la rescissione del contratto (in applicazione di uno specifico articolo della convenzione, il 33) ma rimase sepolta sotto la cenere a lungo, almeno fino ad oggi.
Il giallo continua, mentre i sindaci continuano a tacere la verità dello stato delle cose. Tanto…a pagare sono gli utenti.
Filippo Cardinale