Relazione Dia, occhi della mafia sui fondi Pnrr
In Sicilia si conferma «minimale» il ricorso alla violenza, mentre si continua registrare la convivenza sullo stesso territorio delle organizzazioni mafiose per la spartizione degli «affari». Nella Relazione al Parlamento la Dia segnala come in uno scenario di stagnazione economico-produttiva, «trovano terreno fertile le consorterie criminali che potrebbero infiltrare le risorse della Regione anche in considerazione dei fondi del Pnrr destinati all’Isola».
La criminalità organizzata siciliana si presenta con caratteristiche diverse nelle varie aree della regione e la Relazione ricostruisce la geografia mafiosa. In Sicilia occidentale “cosa nostra” resta strutturata in mandamenti e famiglie: nella provincia di Agrigento si continua a registrare una «zona» permeabile anche all’influenza di un’altra organizzazione, la cosiddetta «stidda», «che è riuscita con gli anni a elevare la propria statura criminale fino a stabilire con le altre famiglie patti di reciproca convenienza»; mentre a Trapani non può prescindere dal ruolo di Matteo Messina Denaro, che nonostante la decennale latitanza resterebbe la «figura di riferimento per tutte le questioni di maggiore interesse».
Resta inoperativa la «commissione provinciale di Palermo», e «la direzione e l’elaborazione delle linee d’azione operative risultano esercitate perlopiù da anziani uomini d’onore detenuti o da poco tornati in libertà», a questi personaggi mafiosi si affiancano poi giovani criminali «forti di un cognome o parentela “di spessore”».