Elezione diretta dei Sindaci, i cambiamenti… in peggio della Regione Sicilia

Al di là degli esiti della battaglia elettorale, alcune considerazioni possono già farsi. Innanzi tutto sulla legge elettorale, la cosiddetta legge sull’elezione diretta dei sindaci. L’unica riforma legislativa nel campo dell’espressione del consenso popolare che abbia, secondo l’unanime sentire, dato buoni frutti. Ma la Regione Sicilia è regione autonoma e “speciale”, vocata quindi a complicarsi la vita. Dello spirito della innovativa legge sui Sindaci, applicata per la prima volta nel 1993, è, infatti, rimasto ben poco.

La legge era nata con la doppia scheda: con una si votava il sindaco, con l’altra si votava il consiglio comunale. Si poneva così in grande risalto la figura del primo cittadino, che veniva in modo significativo “sganciata” dal voto fondato su legami di parentela e di “clientela”, che invece hanno sempre contraddistinto il voto per l’organo collegiale.

Veri e unici amministratori e decisori diventavano il Sindaco e la sua Giunta, mentre il Consiglio si trasformava in organo di indirizzo e di controllo. Significativa in proposito la novità dell’elezione al suo interno di un Presidente, mentre prima era il sindaco a dirigerne i lavori. Gli assessori non dovevano poi essere consiglieri, si voleva infatti un netto sdoppiamento dei due ruoli.

Ne venne fuori una nuova stagione, con sindaci veramente “liberi” e che dovevano la loro elezione solo al loro prestigio personale, ai loro progetti e ai loro ideali, che avevano convinto la maggioranza degli elettori ed anche, non ultimo in ordine di importanza, alla qualità dei componenti la Giunta. E i Sindaci riuscivano ad amministrare anche senza maggioranza consiliare.

Ma questo in Sicilia non andava bene e così ad ogni tornata elettorale la legge è stata modificata, ed a mio avviso, peggiorata. Non più la doppia scheda. Legame stretto invece fra sindaco e liste di “sostegno”, con proliferazione mostruosa delle stesse, con proliferazione patologica dei candidati al consiglio comunale, con la quasi totale scomparsa del voto di “opinione”. Premi di maggioranza, formule matematiche complesse per l’assegnazione dei seggi. Senza con ciò garantire quello che era l’obbiettivo ufficialmente dichiarato: la stabilità di governo e maggioranze solide, perché quasi sempre le maggioranze formatesi artificialmente e senza un solido collante si sfaldano subito ed il Sindaco spesso resta ugualmente senza maggioranza consiliare.

Un capolavoro poi l’abbassamento al 40% della soglia per essere eletti al primo turno, che è una percentuale assolutamente troppo bassa e una “perla” esistente solo in Sicilia e questo solo perché il centrodestra, da sempre maggioritario nell’isola, teme il ballottaggio, che invece è sinonimo di democrazia. “Ho puntato tutto sul mio candidato al primo turno, al secondo voto per quello che è meno lontano dalle mie idee, o in mancanza semplicemente non vado a votare”, comunque il Sindaco verrà fuori dopo essere passato da un doppio giudizio popolare.

Per non parlare poi del sistema dei cosiddetti apparentamenti al secondo turno, già previsto ad onor del vero nella legge del 1992 ma che veniva poco utilizzato per lo spirito innovativo della stessa e che comunque andava eliminato. Si è finiti, infatti, con il farne un utilizzo deteriore tanto che qualcuno l’ha definito un vero e proprio “mercato” e che ora consente a posteriori anche di bloccare la maggioranza consiliare al sindaco poi vincente al ballottaggio. “Mi alleo al secondo turno, a gara abbondantemente iniziata, con chi ho possibilmente duramente contrastato e demonizzato al primo turno, e da questi ricambiato anche pesantemente, e tolgo così la maggioranza consiliare a chi poi magari andrà ad amministrare. Un capolavoro!

E poi, problema che stavolta riguarda l’intero territorio nazionale, la doppia preferenza di genere. Ritengo che per consentire la giusta ed indispensabile partecipazione delle donne alla politica bisogna puntare con decisione su un definitivo cambio di mentalità che superi ogni forma, soprattutto le più deteriori, di becero maschilismo, sugli asili nido e su sostegni economici e sociali alle famiglie. Poi è giusto prevedere per legge l’obbligatorietà di un numero pari di candidati e di candidate. Ma poi basta! La doppia preferenza, anche se di genere, snatura infatti una grande conquista del popolo italiano, ottenuta con la vittoria referendaria che ha imposto la preferenza unica, stroncando così cordate e accordi sottobanco, che invece sono ritornati – anche se limitati al genere – snaturando a volte i risultati della competizione elettorale.

Infine, ma non ultima in ordine di importanza, la confusione e il caos, registratesi a Sciacca e in maggior misura a Messina, intesa ovviamente come città, riguardo agli scrutini e ai seggi elettorali. In queste città si sono verificati, in qualche sezione, “errori di scritturazione”, come è stato pubblicamente affermato con espressione un po’ desueta ma efficace.

Allora una considerazione. In un’Italia dove proliferano i corsi di formazione per tutto e per tutti, perché non prevedere di tanto in tanto in vista di appuntamenti elettorali corsi di formazione, anche on-line, che preparino presidenti, segretari e scrutatori a svolgere le loro non facili mansioni? Potrebbero essere requisito necessario e indispensabile per ottenere l’agognata nomina. Ne guadagnerebbe la serenità, la correttezza e la trasparenza delle operazioni di spoglio.

Renato Modica