Catania, scommesse clandestine, riciclaggio, truffa allo Stato ed evasione fiscale: confisca per 160 mln

CATANIA- Nell’ambito di attività di indagine coordinate dalla Procura della Repubblica, i Finanzieri del Comando Provinciale di Catania e del Servizio Centrale Investigazione sulla Criminalità Organizzata della Guardia di finanza (SCICO) hanno eseguito un provvedimento di confisca, emesso dal locale Tribunale, relativo al patrimonio di due soggetti, indagati per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla raccolta di scommesse clandestine, al riciclaggio, alla truffa nei confronti dello Stato e all’evasione fiscale, con l’aggravante del reato transnazionale.
Si tratta del primo esito processuale di una complessa attività investigativa, svolta dal Nucleo PEF della Guardia di finanza di Catania e dallo SCICO, che ha portato a un’ordinanza – eseguita nel marzo dello scorso anno nel territorio nazionale (in Sicilia, Emilia Romagna e Puglia) ed europeo (in Germania, Polonia e Malta) – con cui il Giudice per le indagini preliminari di Catania ha disposto misure cautelari nei confronti di 23 soggetti, tutti indagati, a vario titolo, per esercizio abusivo di gioco e scommesse, evasione fiscale, truffa aggravata,
autoriciclaggio, condotte aggravate, per taluni degli indagati, dalla finalità di favorire gli interessi dell’associazione di tipo mafioso “Santapaola-Ercolano”.

In particolare, le indagini, svolte dalle unità specializzate antiriciclaggio e dal GICO del Nucleo PEF di Catania, hanno tratto origine dall’approfondimento di una segnalazione di operazione sospetta e hanno riguardato un sistema che sarebbe stato finalizzato all’illecita raccolta e gestione delle scommesse sportive on line, oltre che delle attività volte al riciclaggio dei relativi proventi. Nel dettaglio, è stato evidenziato – nella fase delle indagini preliminari, ove non si era realizzato pienamente il contradittorio con le parti – che i soggetti sottoposti a indagine avevano ideato su internet un’apposita piattaforma di gioco, non autorizzata a operare in Italia, attribuendone la proprietà a una società maltese. Al riguardo, le successive attività di verifica fiscale, sempre svolte dal Nucleo PEF della Guardia di finanza di Catania, hanno delineato l’esistenza di una stabile organizzazione della società maltese in Italia, che, nel periodo considerato (anni dal 2013 al 2016), ha conseguito ricavi non dichiarati per 570 milioni di euro e ha omesso la dichiarazione dell’imposta sulle scommesse per un importo di circa 30 milioni di euro.

Le investigazioni hanno poi permesso di evidenziare che sarebbe stata organizzata, sempre a cura dell’associazione criminale, l’illecita raccolta di scommesse “da banco” sull’intero territorio nazionale, attraverso una rete di agenzie, collegate alla predetta piattaforma di gioco: al riguardo, si è accertato che solo una parte minimale delle scommesse avveniva on line, mentre la maggior parte delle puntate sarebbe stata effettuata in presenza e pagata in contanti.

Gli importi delle scommesse, raccolte dalle varie agenzie sul territorio nazionale, e i proventi dell’evasione sarebbero poi affluiti nei conti della società maltese e, da lì, sarebbero stati ulteriormente riciclati nell’acquisito di terreni, fabbricati, società in Italia (Puglia ed Emilia-Romagna) e in Germania.
All’esito delle investigazioni della Guardia di finanza di Catania, il Tribunale di Catania, accogliendo la prospettazione della Procura Distrettuale della Repubblica, ha definito la posizione di due indagati e ha:
– condannato i due soggetti per i reati contestati, applicando la pena su richiesta delle parti;
– disposto, nei confronti dei predetti, la confisca del profitto dei reati per cui si è proceduto, per un importo complessivo pari a 160 milioni di euro.
L’attività dei Finanzieri di Catania si inquadra nel più ampio quadro delle azioni svolte da questa Procura, dalla Guardia di Finanza di Catania e dallo SCICO, volte al contrasto, sotto il profilo economico-finanziario, delle associazioni a delinquere, anche di tipo mafioso, al fine di evitare i tentativi, sempre più pericolosi, di inquinamento del tessuto imprenditoriale, e di partecipazione al capitale di imprese sane, anche profittando delle difficoltà legate al periodo di contrazione economica.