Beni e aziende confiscati alle mafie: il piano della Regione per valorizzarli

La Sicilia è la regione nella quale è più alto il numero dei beni e delle aziende confiscate alla mafia. Ma gran parte di questi beni non viene assegnata oppure non riesce a diventare produttiva. La Regione ha per questo messo a punto un piano strategico di valorizzazione e di recupero di cui hanno parlato il presidente Nello Musumeci e l’assessore all’economia Gaetano Armao.

Sono i dati, riferiti al 2021, a rivelare l’impatto del problema sull’economia siciliana. Su 38.101 beni sequestrati o confiscati in tutta Italia ben 14.315, cioè il 37,5 per cento, si trovano in Sicilia. E mentre 7.126 hanno avuto già un’assegnazione per finalità istituzionali o sociali altri 7.189 sono ancora «in gestione», Non diverso è il quadro delle aziende confiscate: 4.686 in tutta Italia e 1.149 (il 30 per cento) in Sicilia.

Il piano delle Regione punta su alcune direttrici strategiche. La prima azione è quella del rafforzamento dei sistemi di monitoraggio per accrescere la trasparenza di cui si è fatta interprete Emanuela Giuliano dirigente dell’anticorruzione della Regione. L’altro obiettivo è quello di promuovere interventi di riqualificazione delle competenze per il riuso e la gestione dei beni confiscati. Terza linea strategica è quella che il piano definisce come «l’attività di valutazione e studio» finalizzata alla progettazione condivisa con gli enti locali.

Destinatari di queste azioni sono soprattutto le cooperative sociali, le società del terzo settore e le istituzioni che operano per finalità sociali, educative e culturali. Ma c’è anche l’obiettivo di sostenere l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali.

Le risorse per questo piano vengono soprattutto dal Pnrr. Alcuni progetti, ha detto Armao, sono già pronti e riguardano interventi su alcuni beni confiscati come il feudo di Verbumcaudo che è diventato un modello di recupero produttivo e di gestione. Un altro intervento è previsto per una grande masseria di Salemi (Trapani) mentre si sta monitorando il caso di un feudo nel territorio di Acate (Ragusa) candidato a diventare una grande azienda agricola.

Per il governatore, un bene sottratto dallo Stato alla mafia e non restituito al territorio, o non messo nelle condizioni di potere produrre, costituisce una sconfitta per lo Stato stesso. Noi – ha aggiunto Musumeci – dobbiamo dimostrare che un bene sottratto alla mafia può continuare a lavorare e che lo Stato rimane dalla parte dei cittadini e delle persone perbene».