Obbligo Green pass, cosa cambia nei posti di lavoro

Controlli con la App, quotidiani e a rotazione in modo da coinvolgere tutto il personale, niente contribuiti e ferie oltre allo stipendio per chi non ha il certificato verde e risulta assente, divieto per le aziende di conservare il Qr code dei dipendenti, verifiche anticipate non oltre le 48 ore in caso si debbano organizzare turni di lavoro, possibilità per chi si è immunizzato all’estero con i vaccini autorizzati di avere la certificazione.

Con l’entrata in vigore dell’obbligo del green pass in tutti i luoghi di lavoro alle porte, prevista per domani 15 ottobre, arrivano i Dpcm che integrano il decreto che ha introdotto l’obbligatorietà e definiscono le regole con le quali milioni di italiani – dipendenti pubblici, privati e autonomi – conviveranno.

Due sono i provvedimenti adottati da palazzo Chigi: il primo, già firmato dal presidente del Consiglio Mario Draghi su proposta dei ministri della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta e della Salute Roberto Speranza, riguarda le linee guida relative all’obbligo della certificazione nella pubblica amministrazione; il secondo, introduce invece una serie di modifiche al decreto legge relative alle regole per i controlli, sia nel pubblico che nel privato. Misure alle quali se ne aggiunge una terza, una circolare – anzi due – del Viminale sulla possibilità per le aziende portuali di offrire gratis i tamponi ai propri dipendenti.

Nella prima, il capo di gabinetto del ministero, per evitare che si blocchino i porti in caso di un alto numero di dipendenti senza il green pass, “raccomanda” ai prefetti di «sollecitare» le aziende affinché valutino la possibilità di mettere a disposizione gratis i tamponi. Una formula ambigua, soprattutto su chi -nel caso- dovesse pagare i test, che ha richiesto una seconda circolare. Le aziende «potranno valutare, nella piena autonomia, ogni possibile modalità organizzativa ai fini dell’acquisizione del green pass da parte dei dipendenti sprovvisti». In caso decidessero di farlo, il costo sarebbe dunque a carico loro e non dello Stato. I sindacati approfittano della circolare per chiedere l’estensione della richiesta a tutto il settore dei trasporti.

Quanto alle linee guida della Pa – sulle quali c’è il via libera del Garante della Privacy – il Dpcm ribadisce che l’obbligo del pass (vale anche quello cartaceo) riguarda tutti i dipendenti pubblici ma anche quelli delle imprese dei servizi di pulizia, ristorazione, manutenzione e rifornimento dei distributori automatici, i consulenti, i collaboratori, i frequentatori di corsi di formazione, i corrieri, i visitatori. Esclusi invece gli utenti. Chi non ha il pass deve essere allontanato subito e ogni giorno di mancato servizio è considerato assenza ingiustificata (con le giornate festive e non lavorative che rientrano nel conto). Lo stipendio viene sospeso fin dal primo giorno di assenza ma «in nessun caso» si può essere licenziati. Nel periodo d’assenza, inoltre, non maturano né contributi né ferie. E se la mancanza del dipendente dovesse comportare «un’interruzione di un servizio essenziale»? L’amministrazione, dice il Dpcm, può stabilire una convenzione con altri enti oppure utilizzare la mobilità interna tra uffici o aree diverse.