Castelvetrano, va a fuoco ex cementificio “Cascio” trasformato in rifugio di extracomunitari. Un corpo carbonizzato (video)
CASTELVETRANO. Ieri sera, verso le 23:30 si è sviluppato un incendio presso l’ex cementificio “Cascio”, sede di una baraccopoli abusiva dove erano stanziati circa 350 lavoratori stagionali extracomunitari. Le fiamme interessavano l’intera area di circa 3000 mq. Durante i soccorsi è stato rinvenuto il corpo carbonizzato di un uomo in fase di identificazione.
Sul posto quattro squadre vigili del fuoco che hanno spento le fiamme e bonificato la zona e i carabinieri che stanno indagando sulle cause dell’incendio. Il rogo sarebbe divampato da un fornellino a benzina, come hanno raccontato i lavoratori stagionali che si trovavano all’interno della struttura. Alcuni di loro hanno riferito ai carabinieri di aver visto il giovane senegalese mentre stava verificando il livello di carburante presente all’interno del serbatoio del fornellino, facendosi luce con un accendino.
I 350 extracomunitari presenti sono riusciti a mettersi in salvo, uscendo in tempo prima che le fiamme avvolgessero l’intero campo. A fuoco anche due auto di proprietà di alcuni migranti.
Intanto, un gruppo di circa 50 migranti sta bloccando in segno di protesta la strada provinciale 56 tra Campobello di Mazara e Selinunte. I migranti hanno sistemato pedane in legno e reti al centro della carreggiata. «Chiediamo una sistemazione dignitosa – dicono i manifestanti – devono capire che noi siamo un valore perché senza di noi non si potrebbero raccogliere le olive. Noi siamo tutti fratelli, sia quelli con permesso di soggiorno sia quelli sprovvisti», hanno sottolineato i migranti. Sul posto carabinieri, Polizia di Stato e Polizia Municipale.
L’ex Calcestruzzi Selinunte, di proprietà di Onofrio Cascio che dal 2010 l’ha dismessa, è da tempo abbandonata e da anni viene occupata dai migranti che raggiungono Campobello di Mazara per la raccolta delle olive. Il proprietario negli anni ha presentato diverse denunce alle forze dell’ordine per violazione di proprietà privata ma il campo non è stato mai sgomberato. Il villaggio veniva autogestito dagli stessi migranti: c’era un bazar, la zona dove col fuoco veniva riscaldata l’acqua che serviva per le docce e la zona dove veniva macellata la carne.