Zammuto: “Nella via Incisa è stato compiuto il peggiore scempio all’arte, alla storia e alla cultura della nostra città”
SCIACCA. Una interessante riflessione di Franco Zammuto nella sua vocazione di “ecologista, ambientalista, naturalista” e non di sindacalista. Una riflessione personale rispetto ad un dibattito, del quale se ne poteva fare a meno per la sua futilità. Già, futilità poiché “è incredibile come culture dai valori positivi e nobili che si incrociano possono diventare ragione di polemica e scontro”, chiosa Zammuto.
“Scontri e polemiche” che avvengono da “decenni nella nostra città” quando si incrociano tra “cultori dell’arte e della storia con quelli dell’ecologia, della natura e dell’ambiente”.
E se Amleto aveva l’indomabile dubbio di essere o non essere, Zammuto ripropone l’interrogativo in versione attualizzata: “dobbiamo salvare gli alberi che insistono su siti artistici storici della nostra città o procedere alla loro estirpazione, magari provando a salvarli trapiantandoli altrove?”
Problema esistenziale dell’intero Universo visto che si tratta di 2 alberi. Oggi, l’umanità incrocia ben altra gravità esistenziale.
“A scanso di equivoci- dice Zammuto- per quanto mi riguarda sono per liberare i nostri monumenti da piante di grandi dimensioni che li oscurano e nascondono la possibilità di goderne nella loro interezza”, facendo riferimento, in ordine di tempo, al caso di via Incisa e più precisamente ai due alberi che nascondono l’opera d’arte del portale del Laurana che arricchisce l’edificio monumentale dell’ex chiesa Santa Margherita.
Per Zammuto, “tutte le opere costruite nella storia non avevano gli alberi come arredo, almeno allora. Di testimonianze ne abbiamo a iosa, tra le tante foto che spesso sono riportate sui social per far visionare le numerosissime bellezze artistiche storiche di questa città”.
“La cosa che trovo più aberrante-prosegue Zammuto- è che, sia che si stia da una parte o dall’altra, si usano argomenti talmente radicali per affermare le proprie posizioni da fare apparire l’altra posizione, anch’essa nobilissima e degnissima, come qualcosa di assolutamente insignificante”. Ma precisa subito: “Scusate se sono di parte ma, chi mostra questa radicalità aberrante sono principalmente gli ambientalisti-ecologisti”.
Zammuto cita un esempio: “Dire che se dovessero essere estirpati i due alberi che coprono il bassorilievo del portale del Santa Margherita è meglio che li eliminano tutti cos’è?”
Proprio nella via Incisa “è stato compiuto il peggiore scempio all’arte, alla storia e alla cultura della nostra città: la chiesa del Carmine coperta da palmizie e piante, la porta san Salvatore fino all’anno scorso “adornata” da piante che non rendevano visibile la parte bassa, il complesso Santa Margherita completamente invisibile in tutti i suoi portali e per finire al Palazzo Perollo o Arona, come dir si voglia, completamente nascosto. Chiedo scusa, ma l’arte e la storia dell’arte, necessitano di essere adornate?”
E’ una valanga Franco Zammuto. “Qualcuno ha scritto che tutte le città d’Italia fanno peripezie per proteggere il verde. Verissimo. Però vi chiedo: piazza Venezia a Roma ha alberi di grande fusto? Piazza Navona, piazza di Spagna ne hanno? Piazza San Marco a Venezia ne ha? Palazzo Vecchio a Firenze ne ha? Piazza Duomo a Milano ne ha?”
Non accetto da nessuno che per questa mia posizione qualcuno pensi e dica che non sono ecologista, ambientalista, naturalista o favorevole all’inquinamento. Io per tanti anni, venticinque, ho vissuto un mese l’anno in campagna nel comune di Aragona a fare a tutti gli effetti il contadino: ho raccolto le mandorle (scutulavu), ho vendemmiato (vinnignavu), ho raccolto il grano (mitivu), ho arato, sono stato addirittura all’aria a ricavare il grano dalle spighe (pisavu), attività sconosciuto ai più considerato che a Sciacca quest’arte non era più praticata. Io amo la natura, il verde, le piante e mi sento ambientalista, ecologista, naturalista e pronto a qualunque battaglia come quella per la villa comunale e tante altre che meritano di essere combattute”, conclude Franco Zammuto.