Il dopo Orlando e il volo basso del successore

PALERMO. Di Calogero Pumilia

C’è folla sotto il balcone di Palazzo delle Aquile.

Quando finisce la denunzia ben fondata, la voce degli Agramanti si affievolisce, poca capacità dimostrando nella elaborazione di un progetto di lungo termine e nessun contributo venendo da quanti li sostengono. Almeno fino ad ora. Chi di loro dovesse essere eletto, se i sondaggi resistono fino a primavera prossima, probabilmente riuscirà a seppellire i morti e a pulire le strade e non sarebbe un risultato da poco.

Il mio potrebbe sembrare un peana. Eppure ho spesso criticato il personaggio da quando ha lasciato, molti anni fa la Democrazia cristiana e, mettendosi in proprio, ha concorso ad abbattere la prima Repubblica per spianare la strada alla seconda di Berlusconi, dei suoi epigoni odierni e di una sinistra dimezzata e balbuziente. Non ne ho condiviso il protagonismo in solitario e la permanenza sulla soglia del Pd: entro/non entro. Nell’adesione recente un segno di debolezza?, di consapevolezza?, un’opa? Che sarebbe agevole in una realtà come quella dei democratici di Palermo.  Orlando è così, e come è ormai risulta parte essenziale della storia del capoluogo. Il confronto degli Agramanti con lui è impari.

Infine, è proprio certo che “l’audace impresa” al centro e alla destra riuscirà? E che la più celebre spada dei cavalieri di Carlo Magno, la “durlindana”, che non possa essere utilizzata nel campo avverso a quello della destra?