Lampedusa, recuperata la campana di bordo del piroscafo postale “Egadi” bombardato nel ‘41
LAMPEDUSA. Recuperate al largo dell’Isola di Lampedusa, in acque nazionali a 76 metri di profondità, la campana di bordo e la chiesuola della bussola del piroscafo postale “Egadi”, affondato nel 1941 a seguito di un bombardamento aereo degli inglesi. Il recupero è stato effettuato dagli altofondalisti impegnati nella 14a campagna di indagini nell’ambito del progetto di documentazione dei relitti navali della “Battaglia dei Convogli del Mediterraneo della Seconda Guerra Mondiale”, condotto dalla Società per la Documentazione dei Siti Sommersi e dalla Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana.
Il piroscafo postale “Egadi”, varato nel 1929, apparteneva alla Società Anonima di Navigazione “La Meridionale” di Palermo ed era adibito al servizio posta e passeggeri tra Trapani, Marsala, Mazara del Vallo, le isole Egadi, Pantelleria, Linosa e Lampedusa, sevizio che continuò a svolgere anche durante la guerra, fino al momento del suo affondamento. La cronaca ci racconta che il piroscafo, salpato da Lampedusa la notte del 31 agosto 1941 con direzione Pantelleria, venne attaccato da cinque aerosiluranti britannici decollati da Malta che la colpirono determinandone l’affondamento. A bordo vi erano 109 persone tra equipaggio e passeggeri e nell’esplosione vi furono 44 vittime tra cui il comandante. Il direttore di macchina si rifiutò di abbandonare la nave per tentare il salvataggio. 65 superstiti riuscirono a salvarsi su scialuppe, di questi 45 riuscirono a raggiungere Pantelleria e 20 venivano salvati dalla nave ospedale Virgilio.
Gli oggetti recuperati saranno ora sottoposti a stabilizzazione e restauro per essere successivamente esposti. Il relitto dell’Egadi, invece, resterà sul fondo marino che diventa sito di importanza storica posto sotto protezione; la visita sarà riservata ai tecnici, accompagnati da subacquei dei centri di immersione autorizzati.
La campana, finemente lavorata in bronzo, ha un diametro di 30 cm, un peso di circa 25 kg e riporta a sbalzo il nome della nave, un fascio littorio e altre decorazioni. Al momento del recupero si presentava caduta dal suo supporto e poggiata sull’argano di prua, mentre la chiesuola della bussola, abbattuta sul fondo, era ricoperta da una rete da pesca a strascico del peso di alcuni quintali che i sub hanno rimosso. Entrambi gli oggetti erano stati individuati già nel 2020 durante le operazioni di ispezione e documentazione del relitto, svolte dai volontari della SDSS che ne hanno documentato anche lo stato.
“L’indagine della documentazione video-fotografica condotta dai nostri archeologi dell’Ufficio per i Relitti di Età Contemporanea coordinato da Claudio Di Franco – dice la Soprintendente del Mare della Regione Siciliana, Valeria Li Vigni – considerato il valore storico degli oggetti ed il concreto rischio del loro trafugamento o danneggiamento, ha deciso il recupero dei due preziosi oggetti affidandolo agli stessi altofondalisti della SDSS. Quella con la Società per la Documentazione dei Siti Sommersi, iniziata nel 2006 è una collaborazione ormai consolidata grazie alla quale sono stati effettuate importanti attività di rilevazione e recupero”.
“Il recupero della campana del postale “Egadi” e le operazioni di identificazione effettuate dagli studiosi – sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà – ci restituiscono non solo una preziosa testimonianza documentale, ma anche la memoria di una pagina dolorosa della nostra storia. Dietro gli oggetti, infatti, c’è ancora il sangue di quelle vittime innocenti, la cui vita è stata stroncata da un’azione di guerra. A tutti loro dedico un pensiero e mi piacerebbe che, quando questi oggetti verranno esposti, una targa ne possa ricordare il nome affinché restino scolpiti nel cuore, onorando anche il gesto eroico di chi, come il direttore di macchina, in quella circostanza si rifiutò di abbandonare la nave per tentare il salvataggio”.
In occasione del recupero è stata effettuata la fotogrammetria dell’intera nave attraverso una sequenza di 5.800 fotografie ad alta definizione che, elaborate da un software, hanno restituito il modello tridimensionale del relitto consentendo agli studiosi la possibilità di monitorare con precisione il decadimento delle strutture avvenuto nel corso degli anni.
La squadra della SDSS, capitanata da Mario Arena, è costituita dai subacquei tecnici Federico De Gado, Alberto Ferrandi, Matteo Giaretta, Carlo Guidetti, Piero Labò, Roberto Picciol, Andrea Scaccianoce e Ivan Wagner.
Le operazioni, con il coordinamento tecnico-scientifico della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, si sono svolte con l’appoggio dell’imbarcazione Gioel, dei comandanti Mario e Antonio Brischetto, con il supporto logistico del centro immersioni Pelagos, di Lampedusa, e la collaborazione delle organizzazioni internazionali Heathy Seas e Ghost Diving.