In Sicilia l’acqua costa il doppio. Il Cga dà torto alla Regione, in arrivo raffiche di ricorsi

SICILIA. Se Siciliacque vende l’acqua all’ingrosso a 0,70 centesimi al metro cubo come può il siciliano avere una tariffa simile al resto d’Italia? La verità è che l’acqua in Sicilia costa troppo, mentre nel resto del Paese viene acquistata dagli utenti a metà prezzo rispetto a quanto accade qui da noi.

A dirlo è una sentenza di 28 pagine che rende illegittime le tariffe decise da Regione e Siciliacque e apre le porte ad un mare di richieste per la restituzione di quanto pagato in più dal 2016 a oggi. Le tariffe idriche in Sicilia valgono il doppio di quelle applicate in Calabria e più del triplo di quelle in vigore nelle Marche. Sono genericamente più alte di quelle in vigore nel resto del Paese e oltre a essere troppo elevate sono state determinate da chi non aveva il potere di farlo, cioè la Regione e Siciliacque (la partecipata che dal 2004 è subentrata all’Eas).

E’ questo, in sostanza, che sentenzia il Consiglio di giustizia amministrativa. La sentenza ha origine da un ricorso dell’Amap, la ex municipalizzata di Palermo che acquista l’acqua da Siciliacque per fornirla anche ad alcuni Comuni della Provincia. Questo ricorso era già stato accolto dal Tar e la Regione ha provato a ribaltare la decisione, ottenendo però una nuova sconfitta dagli effetti contabili ancora tutti da determinare.

Sia il Tar che il Cga hanno stabilito che a determinare la tariffa in Sicilia debbano essere gli Ato, le autorità che gestiscono il servizio in ogni ambito provinciale mettendo insieme i Comuni.

Invece la giunta regionale, su input di Siciliacque, di cui è socia, ha fatto da sé, non potendolo fare. Con il risultato dim una tariffa troppo alta.   Siciliacque fornisce circa 90 milioni di metri cubi di acqua potabile all’anno, coprendo l’intero fabbisogno delle province di Trapani, Agrigento, Caltanissetta ed Enna e parte di quello di Palermo e Messina.

La sentenza – spiegano gli esperti – avrà effetti diversi per i Comuni in cui è un ente intermedio (come nel caso dell’Amap) a fornire acqua acquistandola dalla partecipata regionale e per i centri dove invece è direttamente Siciliacque a fornire le utenze private. Nel primo caso è l’Amap a poter pretendere un rimborso da Siciliaque.

Siciliacque serve direttamente decine di Comuni in quasi tutte le province siciliane. In questo caso sono i cittadini che hanno pagato una bolletta a tariffe dichiarate ora illegittime. E dunque sono direttamente gli utenti a poter adesso chiedere un rimborso sulla base della sentenza definitiva pronunciata dal Cga. La sentenza è stata notificata alla Regione giovedì sera e dunque ancora all’assessorato alle Acque non è stato fatto il punto per valutarne gli effetti economici.

L’attuazione della riforma dell’acqua voluta dal governo Crocetta dopo il referendum è ancora molto parziale e questo complica, oltre alla determinazione delle tariffe, anche la gestione e lo sviluppo delle reti. La sentenza mette anche in evidenza le lacune della legge che attualmente regola il sistema idrico.

Per l’assessore Daniela Baglieri: “La sentenza impone una riflessione sull’attuale contesto normativo che prevede nove Ato provinciali ma con reti idriche di sovrambito. Conferma anche l’esigenza che vi sia un soggetto che a livello regionale determini le tariffe di sovrambito. In questo senso la Regione sta valutando le opportune iniziative finalizzate a creare un sistema omogeneo di tariffazione che in ossequio a quanto stabilito dall’agenzia nazionale sia in grado di assicurare una gestione efficiente della risorsa idrica a vantaggio dei cittadini”.

Filippo Cardinale