Politica, eppur si muove. Tre ex assessori danno vita ad una nuova aggregazione
SCIACCA. Editoriale di Filippo Cardinale
Tra meno di un anno i saccensi ritorneranno alle urne per eleggere il nuovo sindaco e rinnovare il Consiglio comunale. Il tempo scorre e l’80% del mandato di Francesca Valenti è alle spalle. Ai cittadini l’ardua sentenza. Con una percentuale di probabilità quasi bulgara, l’attuale sindaco non si ricandida e, quindi, il giudizio elettorale da parte dei saccensi non può avere riscontro a quel cambiamento promesso dall’attuale sindaco accompagnato dall’indimenticabile slogan #maipiùcinqueannicosì. Un giudizio che, giocoforza, graverà sulle spalle del PD, partito che con tre consiglieri comunali ha reso monocolore la giunta con tutte le conseguenze che tale situazione comporta.
Da molti mesi, Sciacca è priva del maggiore organo rappresentativo del corpo elettorale. Il Consiglio comunale è stato sostituito da un burocrate regionale che, nel chiuso della stanza, delibera distante e distinto dalla massima espressione istituzionale che racchiude la volontà del popolo del consenso. Da molti mesi, Sciacca vive una dimensione unica nella sua storia politica.
Un lungo silenzio ha caratterizzato la vita politica della città creando, di fatto, uno spaccato sempre più ampio tra la medesima politica e la gente. In questo spaccato si sente qualche “lezione di tuttologia” sui social, qualche voce di chi immagina di avere tutte le soluzioni (anche bonsaistiche) per far competere Sciacca con il principato di Monaco, la splendida Monte Carlo. Del resto, ci sono alcuni elementi, quali il porto e il casino, che li accomuna. Solo che a Monte Carlo l’accento sul casino cade sulla o finale, a Sciacca l’accento non c’è.
La politica è stata trasformata da uno stile, ma anche da incredibili errori, in qualcosa simile al fantasma. Ogni tanto un rumore, ma non si vede.
Tre ex assessori, Gioacchino Settecasi, Filippo Bellanca e Paolo Mandracchia, tolti dal pallottoliere del sindaco quando azzerò tutta la giunta (unico caso politico di Sciacca, dopo i due più famosi che interessarono due famiglie aristocratiche del Medioevo), stanno per mettere alla luce (questione di qualche giorno) una nuova aggregazione politica, “Sciacca, Venti-Ventidue”. Sono pronti e hanno la capacità non solo organizzativa ma anche attrattiva dal punto di vista elettorale. Di certo, è un’aggregazione che è distante dal PD e dal suo rappresentante più significativo che è anche deputato all’Ars. Un’aggregazione che, di fatto, svuota parecchio la sinistra di quella tonalità centrista e pone il PD ai margini di un perimetro elettorale che può contare su qualche lista civica con qualche aspirante che immagina che i social siano una prova provata di consenso. Illudersi, in fondo, è un modo per far trascorrere le ore della giornata. Ma mettere su liste non è facile. Certo, il PD può contare sull’apporto del lavoro svolto dagli attuali assessori che saranno costretti a portare farina al molino. Sulla carta sembra tutto facile, il problema è la realtà.
Bellanca, Mandracchia e Settecasi, a cui si aggiungono anche altri nomi che prima costituivano l’ossatura portante del gruppo capeggiato dal deputato saccense PD di etichetta, ma democristiano di sangue, hanno spezzato il lungo silenzio, la lunga stasi politica. Di certo, l’ufficializzazione della loro aggregazione e scesa in campo, darà l’impulso anche al sonnecchiante centrodestra. Area politica, questa, frammentata da diverse aspirazioni alla candidatura sindacale. C’è Forza Sciacca, c’è Progetto Sciacca, c’è Fratelli d’Italia e Diventerà Bellissima. C’è anche l’apporto del deputato Matteo Mangiacavallo. Italia Viva deve battere un colpo, ma non può fare a meno di dare continuità ai motivi, abbondantemente illustrati dal leader Cusumano, di rottura col PD e con l’attuale sindaco e con l’uscita, già da tempo, dalla coalizione che nel 2017 vinse le elezioni.
Tutte queste forze hanno un comune denominatore: la possibilità di sbagliare un rigore anche senza il portiere tra i pali. Se vincere facile appare conseguenza scontata di ciò che lascia la sinistra quando amministra la città, perdere per non vedere oltre il proprio naso è una eventualità che dimostra anche una alta percentuale di probabilità di riuscita.
Insomma, se a sinistra c’è la solitudine del PD, che molto probabilmente spingerà Simone Di Paola a candidarsi a sindaco dopo la gratificazione alla elezione a segretario provinciale, frutto di una miracolosa alchimia notturna che ha trovato nella spartizione senza sangue della carica di segretario e presidente provinciale il punto di equilibrio, nella parte opposta c’è una vasta area che ha bisogno di trovare l’amalgama. Essa può verificarsi solo partendo da zero e maturando la convinzione che fughe in avanti possono fare solo male. Appunto, sbagliare un rigore senza portiere tra i pali.