Confiscati beni per 100 mln a imprenditore Calcedonio Di Giovanni, c’è pure il villaggio turistico “Kartibubbo”

La Dia di Palermo sta eseguendo un sequestro di beni per un ammontare complessivo di oltre un miliardo e 600 milioni di euro, nei confronti di alcuni noti imprenditori, originari della provincia di Palermo, legati al mandamento di Corleone. Palermo, 8 luglio 2015. ANSA/DIA PALERMO +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++

PALERMO.  Beni per cento milioni di euro sono stati confiscati a un imprenditore di Monreale, nel Palermitano, per decisione della Corte d’appello di Palermo che ha confermato quanto deciso dal tribunale di Trapani nel 2016 su proposta del direttore della Dia.
L’imprenditore, dagli inizi degli ani Settanta, si era legato ai clan del mandamento di Mazara del Vallo (TP) per i quali riciclava denaro sporco e aveva costruito un complesso turistico sul litorale di Campobello di Mazara (TP).In anni più recenti, l’uomo ha avuto accesso a rilevanti finanziamenti pubblici nazionali e comunitari, coinvolgendo nei propri progetti anche gli interessi di mafiosi di Castelvetrano (TP).

Le investigazioni della Dia avevano permesso di accertare l’esistenza di una palese situazione di sperequazione fra i redditi dichiarati dall’imprenditore e i beni accumulati negli anni. La confisca ha riguardato il patrimonio mobiliare, immobiliare e societario: appartamenti, terreni, conti bancari e compendi aziendali tra cui un complesso turistico che al tempo ospitava anche ville in possesso di boss mafiosi. É stata confermata anche la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di tre anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.

Di Giovanni, viene descritto come “imprenditore spregiudicato” entrato in affari anche con mafiosi di Castelvetrano, tra cui Filippo Guttadauro, cognato di Matteo Messina Denaro, e in contatto con Pino Mandalari, il commercialista di Totò Riina. “L’esistenza di collegamenti fra mafia, massoneria e affari trasuda – si leggeva nella iniziale proposta di sequestro ora confermata – da tutti gli atti di questo procedimento nella parte in cui viene in ballo il ruolo degli istituti di credito preposti al controllo dell’avanzamento dei lavori finanziati. Vennero erogate immense quantità di denaro in assenza totale di controlli e qualche volta con la chiara dimostrazione agli atti dell’assenza dei presupposti per continuare a finanziare l’opera”.